Autore di testi quali: L’epoca delle passioni tristi, Elogio del conflitto o C’è una vita prima della morte? Miguel Benasayag nei suoi libri parla di complessità, utopia, biopolitica ma anche di fragilità e unicità umane.

Miguel_Benasayag

La sua formazione prevalentemente umanistica e la sua vita fuori dal comune lo hanno portato ad avere uno sguardo trasversale su molti temi d’attualità.

Miguel Benasayag con una formazione in psicoanalisi, filosofia e medicina è un intellettuale impegnato. La sua vita è costellata da azioni concrete, compiute in sostegno di quel cambiamento che vuole vedere nel mondo. Tanto si è dedicato attivamente a cause politiche da scegliere di militare nella guerriglia guevarista fino a subire prigionia e tortura.

Miguel Benasayag: un lavoro culturale

Grazie alla doppia nazionalità franco-argentina e a un programma particolare per i detenuti francesi riesce a uscire di galera.

Stabilitosi a Parigi, inizia il suo lavoro culturale analizzando diversi aspetti della cultura occidentale. Come il rapporto tra individuo e società, tra individuo e potere e tra libertà e sistema.

La tirannia dell'algoritmo_Benasayag

Nel suo testo La tirannia dell’algoritmo uscito nel 2020 esamina quali rischi corrano le democrazie con l’imporsi sempre più evidente dei Big data (Gps, realtà virtuale, social network).

Miguel Benasayag, non vuole essere catastrofista o assumere una posizione di rigida opposizione a questi cambiamenti, bensì promuovere una riflessione che veda l’uomo, con la sua imprevedibilità e libertà, ancora protagonista.

Il fil rouge del suo pensiero è, potremmo dire, la cura per ciò che rende l’essere umano unico e irriducibile al mero funzionamento della macchina. Ovvero le proprie fragilità, le diversità di ciascuno, le relazioni interpersonali, la dimensione emotiva.

L’epoca delle passioni tristi

Analizzando l’attualità Miguel Benasayag si focalizza particolarmente sul disagio psichico adolescenziale, quale sintomo della crisi della cultura occidentale e sulle strategie per affrontarlo.

L’epoca delle passioni tristi è sicuramente il suo libro più conosciuto a livello internazionale ed è stato scritto a quattro mani insieme allo psichiatra Ghérard Schmit.

L'epoca delle passioni tristi_Benasayag

Le “passioni tristi” a cui si fa riferimento nel titolo sono quelle che Spinoza ha descritto nella sua Etica, ovvero l’impotenza, il fatalismo, la mancanza di senso, la disgregazione che dominano la nostra epoca.

“Solo un mondo di desiderio, di pensiero e di creazione è in grado di sviluppare legami e di comporre la vita in modo da produrre qualcosa di diverso dal disastro. La nostra società non fa l’apologia del desiderio, fa piuttosto l’apologia delle voglie, che sono un’ombra impoverita del desiderio, al massimo sono desideri formattati e normalizzati.”

(Tratto da L’epoca delle passioni tristi)

Attraverso indagini in centri di consulenza psicologica e psichiatrica, in Francia, gli autori hanno constatato come l’origine del malessere giovanile sia da collocare in un cambiamento dell’idea di futuro, che da promessa è diventato minaccia.

Le “passioni tristi” e i giovani – Miguel Benasayag

Il futuro dunque non è più il tempo dei progetti, dei desideri o della speranza, ma si riveste di inquietudine, incertezza, precarietà e insicurezza.

In questo clima di paura e instabilità i ragazzi sono portati a chiudersi in loro stessi, a non trovare un motivazione abbastanza forte per aprirsi al mondo e anzi a trovare conforto solo nella soddisfazione delle proprie voglie o nella realtà virtuale, in una sorta di autismo informatico.

Ovviamente anche gli ambienti scolastici risentono di questo cambiamento di prospettiva tanto che Miguel Benasayag e Schmit affermano che

“I problemi di apprendimento sono rivelatori di una difficoltà di desiderare nella vita, di desiderare la vita. Evidentemente, perché questa dinamica di lavoro funzioni, occorre che gli adulti considerino il futuro e ciò che deve essere costruito come qualcosa di positivo e desiderabile.”

(Tratto da L’epoca delle passioni tristi)

Quello che gli autori auspicano è che si ritorni ad un’educazione fondata sul desiderio e non sull’utilità.

Un’educazione che non si basi sulla minaccia e sulla difesa da pericoli incombenti, ma che promuova spazi di socializzazione e di cura dei legami.

Che miri a scoprire le potenzialità che ciascuno possiede perché solo nel rapporto di interdipendenza degli uni con gli altri ci potremo sentire veramente liberi, come sosteneva Aristotele.

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