Ciò a cui opponi resistenza persiste.
Ciò che accetti, può essere cambiato.
C.G. Jung

Carl Gustav Jung viene tendenzialmente poco studiato nei corsi di filosofia, poiché a differenza di Freud presenta un pensiero più complesso, che attinge ad un vasto patrimonio di discipline diverse tra loro che spaziano dall’antropologia alla filosofia orientale, dalla storia delle religioni ai miti greci.

Per Jung infatti la nostra storia individuale è strettamente connessa a quella dell’intera specie umana, in quanto riassumiamo in noi tutto ciò che l’umanità ha vissuto, immaginato e creato.

Jung nacque in Svizzera e visse a cavallo tra le due Guerre Mondiali.
Spesso viene presentato come allievo di Freud, ma in realtà quando vennero in contatto Jung aveva già maturato una vasta esperienza in campo psichiatrico lavorando sui malati di schizofrenia e di autismo. Si laureò in medicina e subito dopo iniziò la sua carriera in un istituto psichiatrico a Zurigo.

I due ebbero una fitta corrispondenza, poiché Jung era rimasto profondamente affascinato dal testo freudiano “L’interpretazione dei sogni“.
Tuttavia, il lavoro assieme durò poco poiché presto Jung si rese conto che i loro ambiti di interesse discordavano. Pare che il loro rapporto si sia guasta-to durante un viaggio in barca, poiché Freud si dimostrò rigido e poco pro-penso a mettersi in discussione riguardo alla reciproca analisi dei sogni.

Jung inoltre trovò ben presto il suo metodo psicanalitico molto riduttivo, poiché era fortemente incentrato sulla libido e troppo distante da quello che era il contesto globale in cui l’individuo si trovava immerso.

Embed from Getty Images

Inconscio soggettivo e collettivo

Uno dei primi elementi che li allontanò, fu la concezione dell’inconscio.
Freud parla di un inconscio soggettivo e unico per ognuno di noi. Jung invece afferma che l’uomo accoglie in sé due inconsci: uno è quello soggettivo, l’altro invece è un inconscio collettivo, condiviso da tutta la nostra specie, in cui si riassume tutto ciò che l’uomo è stato sino a quel momento, in ogni tempo ed in ogni luogo.

Portiamo in noi i ricordi e le esperienze di tutta l’umanità: siamo letteralmente la stratificazione biologica della nostra specie. La nostra mente è molto più antica del nostro corpo, e non è una tabula rasa al momento della nascita: essa porta con sé gli archetipi, ovvero dei contenuti mentali ben precisi, che pre-esistono all’esperienza del singolo.

Ognuno di noi conosce queste figure archetipiche a livello generale, ma sarà poi l’esperienza e il carattere del singolo a renderle uniche per ognuno di noi.
Per chiarire tramite un esempio: tutti noi abbiamo un’immagine mentale di che cosa sia un eroe: ma l’immagine archetipica è innata, mentre quella soggettiva è frutto della nostra esperienza riguardo al concetto di eroe.

La mitologia in particolare, avrà grande valore nel corso dell’analisi jun-ghiana, poiché verrà vista come qualcosa di profondamente connaturato all’uomo.
Attraverso i miti vengono messe in scena le situazioni archetipiche che ogni essere umano affronta nella vita: il mito di Edipo rappresenta il rapporto fondamentale coi genitori, quello di Medea parla del tema del tradimento e della vendetta, i miti come quelli di Ercole rappresentano i percorsi iniziatici e le tappe fondamentali che ogni individuo affronta nel corso della sua intera vita.

L’individuazione

Al momento della nascita la mente umana nasce con delle inclinazioni e predisposizioni, che se sviluppate e assecondate porteranno nella vita alla piena realizzazione dell’individuo e quindi alla felicità.
I disturbi mentali, secondo Jung, sono segno che l’uomo non sta assecondando le sue naturali tendenze e sta vivendo una vita inautentica.

Compito del terapeuta sarà quindi capire quali sono le inclinazioni personali del paziente, per permettergli di realizzare sé stesso e la sua vocazione.
Jung sconsiglia di individuare un modello al fine di ricalcare la sua stessa strada per raggiungere il suo stesso risultato.
Ognuno di noi dovrebbe ispirarvisi solo in una fase iniziale, per poterlo poi abbandonare a momento debito e portare alla luce la propria unicità.
Jung sostituisce così il concetto di guarigione con quello di individuazione: la psiche troverà nella propria individuazione la guarigione

Tipi Psicologici: il carattere estroverso ed introverso

Tipi Psicologici Jung copertina libroLo scopo dell’analisi è sempre quello di portare equilibrio tra le diverse parti della psiche. Mai di rimuovere, sarebbe impossibile.

Nella sua opera “Tipi Psicologici“, individua due tipologie di base in cui si divide l’umanità: la personalità estroversa e quella introversa.
Si tratta di termini che spesso si sentono citare, ma nello specifico hanno delle definizioni ben precise.

Il carattere estroverso

La personalità estroversa è caratterizzata dall’avere un maggiore interesse verso la dimensione esteriore rispetto a quella interiore.
Anche le decisioni importanti della vita seguono spesso lo stesso criterio. Sono molto influenzati dal giudizio altrui e spesso le loro azioni sono basate sull’opinione che gli altri potrebbero avere di loro.
La morale che scelgono di adottare si conforma a quella predominante nel loro gruppo sociale, proprio a causa del costante desiderio di vivere inseriti e accettati da chi sta loro intorno.
Sono molto portati al dialogo, si inseriscono in ogni contesto e sono spesso apprezzati da tutti.
Vivono i momenti socialmente condivisi, come occasioni per ricaricarsi di energia e positività.

Il carattere introverso

La personalità introversa, invece, prova molto interesse verso sé stesso e il suo mondo interiore, orienta i propri comportamenti sulla base delle sue convinzioni a prescindere dal fatto di non rientrare nei canoni accettati dalla comunità in cui vive.
La sua prima preoccupazione è che lui stesso sia soddisfatto dal suo modo d’agire.
Spesso fa fatica ad inserirsi in nuovi contesti, o a instaurare amicizie, e tende ad essere una persona solitaria.
Lunatici e malinconici, spesso cercano di passare inosservati nelle situazioni sociali, nelle quali spesso si sentono a disagio e costa loro molta energia dedicare tempo a quel contesto.
Al contrario dell’estroverso, l’introverso si ricarica stando da solo.

Ognuno di noi presenta la predominanza di uno di questi due tipi psicologici, ma per l’equilibrio e il benessere psichico dell’individuo è essenziale che l’uno non schiacci mai totalmente l’altro, e soprattutto che ci si sforzi costantemente di portare alla luce la personalità meno esplicita.

Anima e Animus

Un altro equilibrio fondamentale per la salute psichica, è quello tra il lato maschile e quello femminile che che ognuno di noi possiede.
Non esiste una personalità completamente eterosessuale.
Con il termine Animus Jung si riferisce al lato maschile proprio delle donne e con il termine Anima al lato femminile proprio di ogni uomo.
Anche in questo caso vale lo stesso principio: né gli uomini né le donne devono trascurare, o peggio accantonare del tutto il loro lato opposto, pena l’insorgere di diversi tipi di malessere che possono assumere differenti intensità.

L’Ombra e la maschera

Nel pensiero di Jung, l’Ombra è una parte della nostra psiche, dalla natura molteplice e sfaccettata, che rappresenta la componente più irrazionale, profonda e difficilmente sondabile dell’essere umano.
Si tratta di un aspetto che difficilmente l’uomo ha desiderio di indagare, perchè implica il confronto con la parte più oscura del proprio essere.

L’analisi di questa componente è lunga, implica la volontà di mettersi in gioco e soprattutto di conoscere quegli aspetti di cui ci vergogniamo, e che nascondiamo persino a noi stessi.
Ma lo svelamento di questa parte dona una crescente consapevolezza di sé e una maggiore comprensione della realtà, sia interiore che esteriore.

La letteratura ci ha mostrato spesso questo percorso sotto forma di un itinerario iniziatico e simbolico, come ad esempio nella Divina Commedia di Dante: la discesa agli inferi e la selva oscura iniziale, rappresentano anche una discesa abissale dentro sé stessi, che per quanto difficile e spaventosa porterà alla sapienza finale, rappresentata da Dio e dalla luce.

Questo percorso viene compiuto, in modo analogo, anche nel corso del processo psicanalitico, il quale deve necessariamente rispettare delle tappe.
Ognuna di queste rappresenta un nodo che viene sciolto, un problema che viene superato e permette così il proseguimento e l’approfondimento dell’autoanalisi.

Il nostro livello psichico cosciente, secondo Jung, è popolato da una serie di aspetti diversi che compongono la nostra psiche e che Jung chiama persone. Il termine è inteso nella sua accezione latina, in cui “persona” significa “maschera”.
Questo perchè la nostra persona rappresenta la facciata che abbiamo costruito per mostrarci e interagire con il mondo, ma che non esprime la totalità del nostro essere.

Abbiamo molte maschere, a seconda del ruolo che dobbiamo ricoprire in un determinato momento.
A seconda che un individuo sia a lavoro, in famiglia o con gli amici, si presenterà con un atteggiamento diverso: ma tra tutte queste maschere, una coordina le altre ed ha il compito di capire come devono susseguirsi in base alle situazioni.
Più la nostra maschera è flessibile e meglio ci adatteremo all’ambiente circostante.

Non adattarsi alle situazioni e irrigidirsi in una unica maschera rappresenta un limite.
Più ci identifichiamo con una delle nostra maschere, e più ci allontaniamo dal processo di individuazione, fondamentale per Jung ai fini del benessere psichico dell’individuo.

tramonto sole con nuvole nell'oscurità

Svelare l’Ombra significa scendere a patti con tutti gli aspetti deplorevoli della nostra personalità, quelli che nascondiamo sia a noi stessi che agli altri.
Depravazione, odio, invidia, desideri e impulsi irrazionali, tutto ciò che critichiamo e disprezziamo negli altri, nel momento in cui ci immergiamo in noi stessi, lo ritroviamo anche nel nostro essere.
In quel momento ci si ritrova privati della nostra immagine razionale, e in dovere di ammettere a noi stessi che la nostra interiorità porta con sé tutto ciò che tanto facilmente odiamo negli altri.

È una verità difficile da riconoscere, ma indispensabile al fine di una crescita personale.
Più neghiamo e nascondiamo questa parte, e tanto più prepotentemente tornerà ad assillarci.

L’Ombra quindi è costituita essenzialmente da parti ed atteggiamenti non sviluppati.
A partire dall’infanzia, e lungo tutto l’arco della nostra vita, impariamo ad interagire con l’ambiente e con la società in cui siamo inseriti. I comportamenti ed i pensieri che sono giudicati dall’esterno come non convenzionali, vengono poco a poco abbandonati e dimenticati.
Tutte le volte che abbiamo negato una parte di noi, indicata come immorale o impraticabile, quella parte è stata rimossa e nascosta. Ma siccome non possiamo cancellare ciò di cui siamo fatti, quelle componenti sono finite in una sorta di sacco; un sacco che, anziché scomparire, è cresciuto assieme a noi senza che ne fossimo consapevoli.

In età adulta, infine, questo sacco sarà colmo delle nostre parti scisse, rimosse e rifiutate che tuttavia continuano ad appartenerci, gravando sulle nostre spalle e influenzando le nostre azioni.
Questo sacco contiene l’Ombra. Essa è sempre legata a ciò che abbiamo represso.

Proprio come giorno e notte, luce e ombra sono opposti ed inconciliabili tra loro, al tempo stesso non potrebbero esistere l’uno senza l’altra.
La luce esiste grazie all’ombra, il bene perché gli si contrappone il concetto di male, la bellezza perché conosciamo l’orrore.
Tutto si regge e si bilancia sul suo opposto.

La proiezione

L’Ombra inoltre è soggetta anche ad un altro fenomeno: la proiezione.
Mediante questo meccanismo, siamo portati a trasferire all’esterno tutti i nostri contenuti inconsci che troviamo disturbanti, ritenendo in questo modo gli altri responsabili di ciò che non accettiamo di noi stessi.

Riconoscere che i difetti della realtà sono anche i nostri stessi difetti, richiede un altissimo grado di consapevolezza. Questo significa porsi di fronte a se stessi con un atteggiamento obiettivo, umile, pronto all’autocritica e al dialogo.

Il modo operativo migliore per notare le proprie proiezioni è quello di divenire consapevoli delle antipatie più profonde e spesso ingiustificate, quelle che sentiamo a pelle verso determinate persone.
Alcuni individui presentano delle caratteristiche che si esprimono attraverso una mimica, un linguaggio non necessariamente verbale quindi, tale da renderli in grado di richiamare su di loro le nostre proiezioni di fastidio e pulsioni inaccettabili.

Ma l’Ombra è al tempo stesso anche una forza, un’energia repressa e amorale che se portata alla luce tramite la consapevolezza, consente al soggetto di riappropriarsi di quell’energia, e di poterne disporre in modo migliore. Gli consente quindi di non esserne succube.
L’Ombra quindi è un doppio, è ciò che si oppone a noi in modo diametralmente opposto.

Sia nella letteratura che nel cinema queste figure di opposti complementari ricorrono in continuazione: il magro e il grasso, il saggio e lo stupido, il ladro e il paladino, l’asceta e l’esteta.

Le opere di Walt Disney, straripano di personaggi ‘ombra’ e personificazioni del ‘doppio’.
La strega cattiva di Biancaneve, Capitan Uncino in Peter Pan, la matrigna di Cenerentola, il principe Giovanni in Robin Hood, sono solo alcune delle personificazioni dell’Ombra e della sua pericolosa invadenza.

Un altro autore che ha espresso la problematica del negativo con creatività degna di nota per via della vasta galleria di personaggi che ha creato, è Collodi.
Il burattino Pinocchio, nel suo viaggio verso la maturità che lo renderà creatura fatta di carne ed ossa per sempre, sarà costretto a confrontarsi con diverse personificazioni del negativo: il Gatto e La Volpe, Lucignolo e il confronto con l’asino nel Paese dei balocchi e Mangia Fuoco.

Ognuno di loro rappresenta i vari volti dell’Ombra e delle nostre paure, e le cadute lungo la strada verso l’Individuazione.

L’alchimia e il Libro Rosso

Per Jung l’energia che ci crea ansia, psicosi o malessere, è pur sempre un’energia di cui noi siamo gli artefici. Solo che anziché volgerla in positivo, la volgiamo contro di noi. Dobbiamo quindi capire come riuscire ad incanalarla.

Sappiamo che ciò richiede disponibilità interiore e accoglimento del proprio “materiale grezzo”.
Dal punto di vista alchemico, il “materiale grezzo” è ciò che necessita di essere migliorato affinché si possa trasmutare in oro: tra i molteplici e contrapposti interessi junghiani, c’e’ anche quello per l’alchimia.
La metafora alchemica della trasmutazione della materia grezza in oro rappresenta proprio il processo d’Individuazione, che dal nostro materiale grezzo interiore, se accolto e non temuto, ci conduce alla sapienza e alla conoscenza del Sè, simboleggiato appunto dall’Oro.

Jung nella sua terapia, per analizzare quest’Ombra, utilizza una tecnica molto diversa da quella freudiana.
Il padre della psicanalisi, infatti, si avvalse fondamentalmente dell’interpretazione dei sogni, della libera associazione di parole e inizialmente dell’ipnosi. Sono tecniche conosciute ed utilizzate anche da Jung, ma egli, a differenza di Freud, compie una approfondita analisi su se stesso che durò per molti anni.
Condusse una vita isolata, e in questo periodo si immerse totalmente nella sua Ombra. Il risultato che ne scaturì, fu la sua famosa opera Il Libro Rosso.

Non si tratta di uno scritto sistematico, ma di una libera esplorazione e confronto con il suo inconscio, compiuta attraverso citazioni bibliche, mitologiche, e attraverso tecniche narrative che ricordano quasi un flusso di coscienza.

É un percorso difficile e doloroso, che lo portò in quegli anni ad isolarsi, ma culminò in una rinascita al mondo che lo riavvicinò all’ambito accademico e alla sua attività di conferenziere.
Come se avesse avuto un’urgenza, un bisogno assoluto di comunicare quanto aveva scoperto in quegli anni.

La pratica di base applicata sia a se stesso che ai suoi pazienti, fu in particolare quella dell’immaginazione attiva, pilastro fondamentale del suo pensiero.
Questa tecnica veniva applicata per tradurre l’inconscio in figure, che in seguito potessero essere analizzate.

Questo processo creativo fu inizialmente estremamente complesso, ma via via che Jung vi si dedicò, tutto divenne sempre più semplice, sia per lui che per i suoi allievi e pazienti.
Egli lo descrisse come una vera e propria discesa agli inferi, grazie alla quale riemerse carico di figure di luce, depurate dal loro materiale grezzo.

Il Libro Rosso è la sua opera più rappresentativa, un diario spirituale, che racchiude non solo il suo inconscio e le sue capacità immaginative, ma in una certo senso anche una summa di tutto il sapere umano.
É un inabissamento nell’inconscio collettivo, nella mente globale dell’essere umano, che tradusse in situazioni archetipiche e figure simboliche.

La sincronicità e il fenomeno delle coincidenze

L’intuizione che la nostra vita cosciente sia connessa con fenomeni inconsci gli venne a seguito di un episodio illuminante. Una sua paziente gli stava raccontando un sogno, nel quale era presente uno scarabeo dorato. Proprio durante la seduta, Jung sentì qualcosa sbattere contro il vetro della finestra e quando andò a controllare, vide che si trattava di uno scarabeo. Inizia quindi ad analizzare il fenomeno delle coincidenze.

L’ importanza di una coincidenza sta nel significato che essa assume per chi vive l’esperienza: siamo noi a stabilire un nesso tra il nostro mondo interiore e ciò che accade nella realtà esterna.
Ciò avviene perché gli archetipi presenti nell’inconscio collettivo a cui la psiche individuale è collegata, possono attingere senso e informazioni anche riguardo eventi in corso o che devono ancora verificarsi.
Quando accade una coincidenza significativa nella nostra vita è perché avendone bisogno, siamo noi a richiamarla, a farle da eco.

La sincronicità esprime quindi una profonda interconnessione tra gli eventi, sia sul piano fisico sia su quello mentale, che tuttavia possiede una sua “materialità” anche se più sottile ed impercettibile. Noi occidentali siamo abituati a connettere gli eventi reali in una concatenazione causale, mentre ad esempio in Oriente, ci sono anche altri tipi di nessi che costituiscono una invisibile causa di effetti visibili.

Nel caso della sincronia, questo nesso si crea attraverso la similitudine o l’assonanza tra eventi che si richiamano tra loro. Questa visione sottintende una profonda interconnessione di tutti i fenomeni della realtà, sia materiali che psichici. Noi non cogliamo questa unità, ma ne vediamo solo gli effetti apparentemente sconnessi, ovvero le coincidenze.

Una delle citazioni utilizzate spesso da Jung sulla sincronicità, è tratta da Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, dove la Regina Rossa dice ad Alice: “È una memoria ben misera quella che ricorda solo ciò che è già avvenuto.”
Esiste una vera e propria memoria futura, alla quale non abbiamo consciamente accesso, ma che tuttavia, talvolta, ci capita di cogliere.

Conclusioni

Impossibile non pensare alle similitudini con la ‘Teoria della Relatività’, anch’essa concepita nella prima metà del ‘900 e basata sul presupposto che l’uomo possa cogliere solo una piccola parte della unicità di passato, presente e futuro.

Attraverso questi temi torniamo in conclusione ad una delle domande fondamentali e più intriganti di tutta la filosofia: esiste il libero arbitrio? Qual è il potere che abbiamo su noi stessi e sulla realtà?
Sono domande che ovviamente, non essendo falsificabili dal punto di vista scientifico, sono destinate a rimanere aperte. Ma non è proprio questa eterna irresolutezza ciò che tanto ci affascina del pensiero filosofico?

Iscriviti alla newsletter

Condividi su: