Durante le umane e frenetiche giornate, le persone si incontrano e si scambiano delle chiacchiere, magari per aggiornarsi dopo qualche tempo riguardo il procedere delle proprie vite. Spesso si sente la tipica domanda “E quindi, cosa fai nella vita? Di cosa ti occupi ora?”.
Frase interrogativa che lascia sempre in sospeso chi la riceve.

fumetto con tre punti di sospensione (1) (1)

Mette in pausa per un attimo l’esistenza perché suscita in chiunque la riceve, ma anche in chi la formula, una specie di boato, come un fulmine improvviso che annuncia lo scoppio di un temporale, che fa spalancare gli occhi interiori della mente e mette in moto il motore di quel cuore che è anima, interiorità profonda. 

La mente infatti inizia a chiedersi effettivamente cosa fa nella vita, durante quelle giornate in sospeso tra resistenza e vulnerabilità e con quell’anima sempre in bilico come un funambolo.

Penso? Medito? Cerco soluzioni e azioni? Ricordo? 

Tra mille interrogativi suscitati da quell’unica domanda iniziale la mente si perde nella confusione di una corsa alla risposta perfetta e, dall’altro lato, l’anima rimane abbracciata al punto interrogativo fino ad assumerne le sembianze e i colori. 

In quelle frazioni di secondo è prima il corpo ad intervenire, in aiuto di una razionalità finita in una danza sfrenata e di una interiorità abbandonata al dondolio senza senso di quel punto di domanda.
Come prima cosa, infatti, egli si impone con la sua fisicità davanti all’altro interlocutore: sguardo fisso e contenente un sorriso che nasconde sempre altro, cenni di accordo con il capo che esprimono quasi sempre insofferenza e necessità di tempo per rispondere in maniera giusta, mani in movimento per avviare le labbra a spezzare l’imbarazzo iniziale e proferir qualsiasi tipo di verbo per attutire il silenzio. 

Eppure, ogni volta, anche il corpo naufraga in un calderone di gesti e movimenti che diventano anch’essi senza senso, mischiati dentro al frullatore dell’agitazione, dell’ansia e della paura del giudizio. Ciò avviene sia in chi deve rispondere, ma anche in chi pone la domanda. Quest’ultimo infatti teme quella stessa domanda, consapevole che, dopo qualche minuto, anche lui si troverà lo stesso interrogativo da prendere per mano. 

E quindi, da soli, mente, cuore e corpo non riescono a trovare una risposta. Cosa succede allora? Chi può risolvere il problema e scaturire una risposta a quella domanda ancora vagante tra respiri e sguardi?

A trovare la soluzione improvvisamente giungono due inaspettati elementi che, in quelle frazioni di tempo, risalgono sulla superficie della mente, poi del cuore e del corpo: sensibilità e coraggio. Come due improvvisi guerrieri giunti per mettere pace ad un conflitto insolubile con le armi della serenità e della speranza, riescono a muovere bocca e a farle scaturire parole che, insieme, pensano e compongono finalmente una risposta viva e calda.

Ed eccola qui: “Cosa fai nella vita?”, “Combatto”. 

Una risposta che, però, si dà sempre in maniera diversa: tramite una frase fatta, parole quotidiane e ripetitive, o attraverso uno sguardo e un mormorio veloce, oppure accompagnata da gesti decisi e chiari. 

graffito con scritta coraggio (1)

Combattere è verbo che unisce in sé mente, cuore, corpo e che diviene arma d’azione e pensiero di sensibilità e coraggio. Elementi radicali che, inaspettatamente, danno vita al cambiamento interiore, alla trasformazione, alla crescita, alla presa di consapevolezza davanti a quella che, il più delle volte, è solo la solita banale domanda di circostanza dettata da volontà di chiacchiere superficiali.

In effetti ognuno di noi non si identifica nel lavoro che svolge, ma è sempre ciò che di lui non si vede, ovvero la sua battaglia d’esistenza tra sensibilità estrema e coraggio inaspettato.
Ogni uomo è la sua battaglia carnale, ognuno fa quotidianamente il combattente nella vita tra difficoltà, fragilità e bellezza silenziosa. E su questo non ci sono differenze o categorie tra esseri umani: ogni combattimento vale, ogni silenzio taciuto, ogni speranza, ogni pianto o sorriso sono segnali di una battaglia unica, personale ma insieme collettiva. 

Essere umani significa avere rispetto per il combattimento di bellezza che ognuno è. Porre la fatidica domanda “cosa fai nella vita?” significa allora guardare oltre, afferrare o meglio accarezzare l’anima dell’altro senza pretese o volontà di possesso, per ripristinare al contempo la propria. 

Combattere è vivere. L’anima umana è quindi un’armatura vulnerabile ma per questo forte.

Ricordiamoci dunque che, quando incontriamo qualcuno, ognuno sta combattendo una qualche battaglia e per questo merita rispetto, silenzio, dignità, ascolto, occhi che, prima di interrogare o puntare dritto e fissare per spegnere la luce come un proiettile, sappiano prima di tutto amare. 

Combatto” è la risposta di un amore incarnato che, ogni giorno, prende sensibilità e coraggio e parte per la battaglia della vita. “Combatto” è la risposta di tenerezza e potenza ad una domanda che, nonostante tutto e in qualsiasi forma si presenti, pretende e ricerca continuamente quello stesso amore.

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