Un giorno, mentre facevo da babysitter ad una bambina di soli due anni ma già con una parlantina e un caratterino da filosofa, mi sono accorta di un particolare a cui, fino a quel momento, nel rapportarmi con dei bambini, non avevo mai fatto caso: adorava i cerotti.

Anche se quelli che aveva davanti erano semplici stickers o figurine, bastava che, alla sua vista, avessero la possibilità di attaccarsi sul corpo e allora erano subito denominati e categorizzati come cerotti da quella piccola mente che si arrampicava a piccoli passi verso la vita.

Quindi, la bambina in questione e, del resto, come compresi poi approfondendo la questione, tutti i bambini da quell’età in poi sono attratti dai cerotti. Un cerotto è un nastro di tela con una superficie adesiva che serve a “riparare” le ferite, a tener ferma una fasciatura, a tener protetta quindi una crepa.

Un episodio simile mi è capitato anche nel mondo degli adulti: prima dell’inizio di una prova scritta di un concorso, proprio seduto dietro di me, a causa di una piccola ferita, un uomo perdeva sangue da un’unghia di un dito della mano e, per questo, temeva di macchiare i fogli della prova così tanto attesa.

Mentre cercava di attutire il tutto con un fazzoletto, una donna avanzò la proposta di chiudere momentaneamente quella ferita, piccola crepa sulle sue mani, con uno dei tanti adesivi che, per il riconoscimento dell’identità, ci avevano consegnato nella prova precedente e che ora non servivano più. La proposta venne accettata e, così, anche in quel momento, era stato trovato un cerotto che avrebbe tenuto a bada una ribelle crepa.

Nella lotta della quotidianità, il bisogno di “cerotti” accomuna dunque piccoli e grandi, chi deve ancora fare tante scalate e chi è già a buon punto, entrambi però instancabilmente sempre alla ricerca e aperti al coraggio di ospitare sul proprio corpo, esternamente ed internamente, delle crepe.

La crepa è una lacerazione di una superficie, una lesione, una ferita che è segno di pericolo, dolore o contrasto e che può continuare ad aprirsi, generare instabilità come le faglie dei terremoti, oppure, nella sua fragilità, combattere per rimarginarsi a poco a poco.

Le crepe sono ciò che quindi indica un’evoluzione ed insieme una crisi, entrambe profonde e rivoluzionarie.

Del resto un’evoluzione è una crisi e la stessa crisi è un’evoluzione: si pensi ai bambini, al loro interesse particolare per i cerotti ed adesivi che, in fin dei conti, dice del bisogno di sentir curato ciò che in loro si sta formando, un’identità che si apre al mondo e che da esso si lascia plasmare.

La crepa, ferita dolorosa ma che lascia intravedere una piccola luce che lotta, è il modo in cui l’esistenza cresce sia nel bambino che, continuamente, anche nell’adulto. Essa è dolore e bellezza, forza e fragilità: estremi in cui la vita si muove cercando luce anche nelle oscurità.

Le crepe sono ferite dolorose necessarie per divenire spiragli di luce d’identità.

I cerotti di cui bambini e adulti, esseri umani in generale, hanno estremo bisogno per lenire queste ferite e provare a chiudere queste crepe, cosa sono allora?

I cerotti rappresentano l’esigenza di carezze: il bambino sulla “bua” ricerca un bacino che è subitanea medicina di felicità, l’adulto sulla sua crepa d’esistenza cerca un filo delicato che possa ricucire i suoi angoli strappati ed oscuri. Le carezze sono fili delicati, baci e sguardi che nell’oscurità delle crepe riescono a tirare fuori quella luce d’identità che, in esse, si lascia soltanto timidamente intravedere.

Le crepe sono però essenziali perché rendono evidente il passaggio e il tramite tra evoluzione e crisi, ovvero la necessità del momento negativo, del disordine, della fragilità, per scoprire la luce del coraggio, della forza e quindi della nascita e continua rinascita a se stessi tramite carezze di vita.

La carezza d’esistenza è chiunque sappia fare delle altrui e proprie crepe il punto focale di un orizzonte da costruire o ricostruire tramite evoluzioni e crisi.

Si diventa carezza d’esistenza con la propria vita solo tramite le crepe: è la ferita che fa tornare ogni individuo a riappropriarsi della propria interiorità; il dolore porta con sé una luce fievole che per emergere ed essere dirompente necessita solo di una carezza. Ognuno è carezza d’esistenza per gli altri quando si fa cerotto di luce e lo è per sé, quando si accorge che gli altri sono crepe che emanano forza e fragilità.

In ogni ambito, anche nel mondo del lavoro, ogni essere umano è composto di meravigliose crepe che dicono della sua potenzialità di essere ‘luce-carezza’ e della sua fragilità di vaso prezioso da custodire ed amare nelle sue caratteristiche uniche ed originali.

La filosofia come pratica vuole dunque far emergere il valore di queste crepe per farle divenire strumento di luce e di carezze di vita che combatte e non si arrende. In che modo può farlo? Facendosi martello pneumatico di una nuova mentalità che demolisce quel muro di crepe delicatamente ma rivoluzionariamente per farne emergere la luce d’identità e il filo di seta di carezza d’esistenza che può ripararle e rinnovarle.

L’umanità è un muro di crepe di luce che attende soltanto di essere accarezzato e risvegliato da una nuova mentalità.

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