Nel romanzo Ricordi dal sottosuolo Dostoevskij presenta un personaggio, ma si può a ragione affermare, un vero e proprio tipo umano, del tutto nuovo nel panorama non solo della letteratura, ma del pensiero in generale; un personaggio e, prima di tutto, un uomo nuovo, che si presenta con caratteri ambigui, contraddittori, in totale opposizione all’uomo razionale e positivista, che fino ad allora si era affermato come il detentore della verità, unica e razionale.
L’uomo del sottosuolo, e con lui Dostoevskij, ci spinge in modo radicale a comprendere l’uomo e noi stessi con categorie diverse da quelle di cui si erano servite sia psicologia sia l’antropologia, e, si può ben dire, di cui si servono tutt’ora gran parte degli orientamenti in campo psichiatrico; egli mette in questione e capovolge quei metodi conoscitivi che riescono a cogliere solamente la facciata esteriore dell’uomo, non riuscendo a cogliere in modo autentico ciò che abita l’intimità e le profondità dell’animo umano, votato all’irrazionalità e alla contraddizione.
Diviene quasi necessario discendere nel sottosuolo per capire effettivamente l’uomo, per scoprire che qui, negli abissi dell’anima, salute e malattia, felicità e sofferenza non cozzano violentemente fra di loro, bensì co-esistono, delineando attraverso i loro scontri e incontri l’effettiva natura dell’uomo.
Il “mondo di sopra” mostra una realtà, in cui gli uomini vivono in un equilibrio e in un ordine che sono solo apparenti; il sottosuolo, invece, alza il velo che avvolge tale realtà e rivela il caos, la contraddizione, la problematicità che ribollono sotto ciò che la ragione si sforza di tenere sotto controllo.
Discendere “là, in quel miserabile e puzzolente sottosuolo” significa abbandonare la maschera che l’uomo indossa tutti i giorni e sondare l’anima umana, dove ognuno può sciogliersi dalle leggi che regolano il mondo quotidiano e rinchiudersi nella propria tana, dove scoprire il fondo melmoso e irrazionale, dove scoprire la propria libertà.
Avere a che fare con il sottosuolo, dunque, significa tentare una comprensione di quello spazio profondo costituito dall’imprevedibilità, dall’immaginazione, dalla ribellione, dalla spontaneità, così ricco e, allo stesso tempo, indefinibile per sua natura, perchè definirlo equivarrebbe a negarlo; se si cercasse, infatti, di dare una definizione, la sconfitta sarebbe immediata, dal momento che esso è ciò che sfugge ad ogni limitazione.
[Tutte le immagini sono tratte da Google immagini]
About The Author: Anna Pellizzari
Sono consulente filosofico e aiuto le persone a mettere in pratica la filosofia. Organizzo laboratori di filosofia con bambini e ragazzi, conduco caffè filosofici e corsi su misura in vari contesti, sono appassionata di tutto ciò che ruota attorno alla salute mentale.
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