La filosofia è un potente strumento per educare alle emozioni e contrastare il crescente analfabetismo emotivo, la difficoltà a conoscere e gestire le proprie emozioni e a comprendere quelle altrui.
Nella scuola continuano ad aumentare alunni che presentano difficoltà comportamentali ed emotive.
Ne sono esempi: l’eccesso di aggressività, l’incapacità di accettare le regole, i fenomeni di bullismo sempre più precoci e la mancanza di rispetto verso se stessi e gli altri.

La scuola per educare alle emozioni
Le dinamiche del mondo di adulti e ragazzi sono in costante cambiamento. Quindi la realtà scolastica deve evolversi parallelamente alle esigenze della società e alla ridefinizione delle relazioni famigliari e tra alunni.
Essa non può più essere considerata esclusivamente come spazio d’apprendimento culturale e accrescimento conoscitivo.
Deve anzi configurarsi come luogo dedicato alle relazioni, nel quale educare alle emozioni e alla formazione di un pensiero critico. Processo fondamentatele alla costruzione di una coscienza individuale e nucleo dell’unicità di ciascun essere umano.
Detto altrimenti, assegnare alla scuola un mero ruolo informativo e di strutturazione del sapere, significa privarla del carattere formativo che svolge fin dalla scuola primaria.
Questa dimensione formativa è confermata dal fatto che, oltre a trasferire nozioni fondamentali, la scuola parla, o dovrebbe farlo, alla persona-studente, intervenendo sul suo patrimonio cognitivo, sulla dimensione emotiva ed esistenziale.
Primarietà della dimensione emotiva
Nei bambini oltre alle capacità cognitive è fondamentale la formazione di un alfabeto emotivo necessario per conoscere la propria sfera interiore.
Riconoscere la primarietà della dimensione emotiva significa darle importanza e assegnarle la posizione che le spetta, senza relegarla ad accessorio.
Per motivi culturali e sociali, ci siamo abituati a pensare che non sia necessario educare alle emozioni.
Si pensa che la sfera emotiva si debba sviluppare in modo autonomo senza il sostegno di un esperto, genitore o educatore.
Tale convinzione è spesso sostenuta a causa del suo carattere apparentemente evanescente.
Apprendere un linguaggio emotivo, riconoscere e affrontare le emozioni è un percorso che si può svolgere solo con l’aiuto di una guida che accompagni e formi i ragazzi.
Un percorso formativo moderno
La società spesso giudica l’espressione di emozioni come segno di debolezza, sintomo di inferiorità o causa di vergogna e non come un’abilità dal potenziale immenso.
Educazione, emozione, pensiero ed emotività, vanno, quindi, considerate parti integranti del percorso formativo di uno studente contemporaneo.
Oggi una formazione intellettuale che prescinda dalla quella emotiva vanifica la dimensione educativa stessa della scuola e il suo fondamento.
Educare alle emozioni ed educare al pensiero critico oggi devono essere due attività che, comunicando tra loro, portano ad una formazione più completa ed equilibrata.
Un bambino, ad esempio, o un ragazzo che stia attraversando una difficoltà in famiglia potrebbe mostrare un calo nel rendimento scolastico.
Segno questo che il benessere emotivo influisce sull’area cognitiva della persona.
La cecità emotiva
Si è visto come l’intelligenza emotiva permetta una percezione adeguata del proprio vissuto e una risposta altrettanto adeguata a stimoli conoscitivi e relazionali.
Di contro la cecità emotiva è una delle principali cause dell’impossibilità di empatizzare con gli altri. Questa porta l’individuo a isolarsi e a farsi sedurre dal potere che esercitano media e tecnologia.
Il rischio principale è che scuole e famiglie ignorino il bisogno dei ragazzi di essere guidati nel percorso di scoperta del proprio vissuto emotivo.
Ciò significa demandare ad altre realtà, sempre più spesso i social media, l’educazione alle emozioni e alle relazioni.
In questi contesti altamente complessi può capitare che i ragazzi siano sprovvisti degli elementi basilari per la comprensione delle relazioni.
Quindi all’aumento della complessità del reale deve anche aumentare l’opportunità di elaborazione e formazione.

Educare alle emozioni – la maieutica
In questo scenario la filosofia, attraverso il dialogo, può aiutare l’alunno a prendere coscienza dei processi di pensiero individuali e collettivi.
In classe gli studenti sono abituati a rispondere alle domande dell’insegnante e quindi instaurare un dialogo a senso unico con l’adulto.
La formazione filosofica dell’esperto permette invece di facilitare il dialogo fra pari, aiutando l’alunno a trovare le parole giuste per raccontare ed esprimere ciò che gli sta a cuore.
Allenando le capacità critiche di ciascun bambino gli si danno strumenti utili per discutere le proprie e altrui opinioni in un’ottica di confronto.
In questo il carattere maieutico della filosofia risulta fondamentale e specifico.
“Vedere” un’emozione significa considerarla, conoscerla e prendersene cura. Quindi il filosofo a scuola ha il compito di porre i ragazzi davanti alle loro stesse emozioni e condurli ad una visione consapevole.
Quest’atteggiamento di cura delle emozioni passa necessariamente attraverso un percorso di conoscenza e formazione.
Percorso nel quale l’approccio filosofico può integrarsi fornendo, ad alunni e docenti, gli strumenti per promuovere e sviluppare la formazione emotiva e relazionale dello studente.
About The Author: Anna Pellizzari
Sono consulente filosofico e aiuto le persone a mettere in pratica la filosofia. Organizzo laboratori di filosofia con bambini e ragazzi, conduco caffè filosofici e corsi su misura in vari contesti, sono appassionata di tutto ciò che ruota attorno alla salute mentale.
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