La cura della nostra anima dipende soprattutto dal giusto atteggiamento mentale. Esiste infatti un filo impercettibile che unisce valori incarnati, autostima e salute interiore.

Fiducia e diffidenza_cartello

Gli antichi greci, per esempio, non concepivano la medicina solo come trattamento delle malattie. Platone, infatti, nel Carmide diceva che la saggezza deriva dalla conoscenza di se stessi e si profila come il “farmaco” che toglie quel “mal di testa” che è l’ignoranza data dalla presunzione del sapere: il maggior “mal di testa” di cui si possa soffrire. Contrariamente a certe visioni riduttivistiche che a lungo hanno dominato la cultura occidentale considerando il malato solo come macchina da riparare, Platone spiegava che il rimedio alla malattia non consiste solo nel farmaco biologico – le erbe – ma anche nel farmaco fatto di logoi, cioè di buoni discorsi: l’uno e l’altro devono andare di pari passo.

Gli psicologi, anche oggi, ci informano che non solo il corpo si ammala, ma anche l’anima, perché la mancanza di corrispondenza rispetto ai valori e ai modelli proposti crea un malessere dovuto all’insicurezza e al disorientamento. Quel misterioso congegno mentale, che è l’autostima, verifica, di volta in volta, la valutazione che abbiamo di noi stessi e la considerazione sociale ottenuta dalla nostra persona. Ad esempio, valutazioni del tipo “se vado bene a scuola” o “se riesco nelle relazioni e nel lavoro” possono peggiorare o migliorare il nostro benessere mentale. Una aspettativa elevata è dovuta a una autovalutazione elevata.
Buona parte dei mali del nostro tempo, dunque, non hanno un’origine somatica. Il più delle volte è il contrario: sono le sofferenze psichiche a determinare pesanti conseguenze sul corpo. Questi mali dipendono molto spesso dall’incapacità di mettere ordine nella nostra vita, distinguere ciò che è essenziale da ciò che non lo è.

Anselm Grün, a tal proposito, riprendendo il concetto di “fiducia originaria” esposto da Erik Erikson, dice che per una buona maturazione psicologica dei bambini è determinante il potersi fidare dei propri genitori e, attraverso di essi, anche di se stessi. “Quando un bambino sviluppa una scarsa fiducia originaria – dice – diviene esageratamente autocritico: dubita di se stesso, delle proprie capacità e del suo essere accettato da parte degli uomini”.
L’uomo, infatti, non nasce con un’identità definita; la costruisce soprattutto nei primi anni di vita, e continua a costruirla per tutto l’arco della propria esistenza. La psiche è una realtà storica, cambia a seconda delle relazioni in famiglia e poi di quelle sociali, e risente dei mutamenti della società. La stabilità psichica dipende molto dai primi messaggi che il bambino riceve dai genitori. Per lui sono molto importanti le prime parole di censura o di incoraggiamento. Se cerca di sperimentare qualcosa di nuovo e si sente dire “sei troppo piccolo per questo” o “non sei capace di farlo” nel bambino si genererà un basso senso di autostima perché gli sono stati comunicati dei messaggi negativi. O ancora se si sente ripetere da un familiare con il quale ha un legame affettivo importante “sei un cretino” e poi glielo dice anche la maestra, svilupperà un’identità negativa.
Ma, ancor prima, il bambino percepisce la morfologia del volto dei genitori e da essa comprende se considerano il suo valore o meno. La fiducia nella vita, dunque, è la condizione grazie alla quale il bambino può trovare l’identità dell’io. Se il bambino si sente circondato da un rapporto di fiducia, è molto probabile che da adulto riuscirà a mantenere un buon grado di autonomia. “L’identità dell’io – osserva padre Anselm – implica il sentimento di aver accettato tutti gli aspetti della vita e di averli integrati nel proprio io, comporta il fatto di aver visto il filo d’oro della vita e di aver trovato l’unità interna dell’essere”.

Ma proprio perché è una realtà storica, l’autostima può anche essere recuperata. In una società liquida, che non dà certezze né punti di riferimento precisi, questo processo continua nell’età adulta. Nel momento in cui c’è il confronto con l’altro, la psiche degli individui è schiacciata dalla necessità di mostrarsi sempre all’altezza, è costretta a costruirsi una vera e propria corazza caratteriale e la depressione non è che la contropartita delle grandi riserve di energia che ciascuno di noi deve spendere per diventare se stesso.

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