*articolo aggiornato il 5 Settembre 2022
“Non è troppo difficile fare filosofia con i bambini?”
“Non è troppo presto parlare di filosofia alla primaria?”,
“Come fai a parlare di una cosa così complicata e astratta con i bambini!”
“Già le risorse economiche sono esigue, meglio dirottarle verso qualcosa di più concreto!”
Sicuramente chi avrà sentito parlare di filosofia con i bambini per la prima volta, si sarà posto queste domande e chi avrà proposto dei progetti di filosofia rivolti ad un pubblico di giovanissimi si sarà sentito fare queste obiezioni.
Domande e obiezioni legittime, che partono però da un pregiudizio che affonda le sue radici sulle modalità con cui la filosofia è da sempre insegnata e conosciuta soprattutto in Italia.
Chi studia filosofia al liceo, infatti, inizia con Talete e finisce dopo tre anni con Sartre, se il professore non è rimasto troppo indietro con il programma. (Di questo ne parla il bel libro di Salvatore Grandone, L’esercizio del pensiero, ed. Diarkos)
È normale quindi che chi sente parlare per la prima volta di filosofia per bambini pensi subito ad una persona che arriva in classe e dica più o meno: “Bene ora leggiamo un bel brano di Hegel e cerchiamo di capire qual è il suo pensiero, ve lo spiegherò in modo facile.”
Ecco, niente di tutto questo accade durante un laboratorio di filosofia con i bambini e ne è testimonianza, per esempio, la ricca produzione bibliografica dedicata a questa tematica e che ha avuto un notevole incremento in questi ultimi anni.
Tutti i libri, anche quelli che prediligono un approccio più storico, propongono attività ed esercizi in cui il lettore sperimenta che cosa significhi fare filosofia a partire dalle proprie domande e dai propri perché.

Fare filosofia con i bambini è: fare e farsi domande, argomentare le risposte, ascoltare le ragioni degli altri, scovare le contraddizioni delle diverse argomentazioni, fare ipotesi, problematizzare, dialogare, costruire un pensiero autonomo.
Per aiutare bambini e ragazzi a sviluppare queste capacità critiche, più di cinquant’anni fa negli Stati Uniti è stata sviluppata una procedura metodologica precisa denominata Philosophy for Children, dalla quale si sono poi sviluppate esperienze di lavoro in tutto il mondo con caratteristiche e stili differenti.
La Philosohy for Children – P4C
Negli anni ’70 del secolo scorso Matthew Lipman, professore di logica alla Columbia University di New York, si accorse che molti dei suoi allievi avevano delle grosse difficoltà nelle abilità logico-argomentative. Competenze che solitamente dovrebbero essere acquisite durante la scuola primaria e secondaria.
Assieme ai suoi collaboratori, tra cui la pedagogista Ann Margaret Sharp, decise di far fronte a queste lacune mettendo a punto un programma educativo – il curricolo della Philosophy for Children – in cui gli strumenti filosofici potessero aiutare bambini e ragazzi a sviluppare le seguenti abilità di pensiero:
- Pensiero critico: attraverso precise regole procedurali permette l’individuazione del problema all’interno di uno specifico contesto, è inoltre auto correttivo perché pone l’attenzione sulle possibili fallacie e debolezze dei criteri di ragionamento di volta in volta utilizzati.
- Pensiero creativo: fa nascere connessioni di idee innovative, originali e indipendenti e permette di rompere quelle rigidità di ragionamento che impediscono la formazione di nuovi punti di vista e possibilità di cambiamento.
- Pensiero caring: con questa terza dimensione si vuole evidenziare l’importanza dell’aspetto relazione e affettivo in cui si opera, è un prendersi cura delle proprie idee ma anche di quelle delle altre persone con cui si sta interagendo.
Per approfondire gli aspetti teorici:
Titolo: Educare al pensiero
Autore: Matthew Lipman
Editore: Vita e Pensiero
Pagine: 320
Il curricolo della Philosophy for Children è formato da una serie di racconti dedicati alle diverse fasce d’età – dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado – costruiti, non a caso, prevalentemente in forma di dialogo. Sono testi scritti appositamente per catturare l’attenzione dei lettori e stimolare le loro riflessioni.
Ognuno di questi racconti è poi accompagnato da un manuale, in cui vengono proposti moltissimi esercizi, attività, idee guida e piani di discussione che aiutano l’insegnante-facilitatore a condurre il dialogo con gli alunni.
Per conoscere il mondo della P4C in Italia, si rimanda al sito del Centro di Ricerca sull’Indagine Filosofica – CRIF.
La filosofia con i bambini: modalità operative
Solitamente quando si parla di Philosophy for Children si fa riferimento alla precisa procedura messa a punto da Matthew Lipman.
Tuttavia negli ultimi decenni si sono sviluppati altri modelli che condividono con quest’ultimo l’idea che la filosofia sia un’educazione al pensare bene, ma si differenzia per i materiali di partenza da utilizzare, per alcune linee metodologiche e per il fare riferimento o meno ai problemi classici della filosofia.
Per approfondire gli aspetti teorici di queste differenze:
Titolo: I bambini e la filosofia
Autore: Nicola Zippel
Editore: Carocci
Pagine: 142
Tutti gli approcci concordano comunque nel sostenere che fare filosofia con i bambini non significa insegnare storia delle idee ma andare al cuore pulsante della filosofia stessa che è l’arte del domandare.
E proprio il periodo dell’infanzia rappresenta la stagione dei perché, in cui i bambini si interrogano sull’esistenza delle cose, chiedono il perché della guerra, del bene e del male, dell’infinito, della morte ma anche della vita, ecc.
In questo senso lo scopo della filosofia è tenere accesa e alimentare questa curiosità, senza fornire risposte immediate e definitive ma stimolando lo studente a formulare ipotesi, mettere a confronto opinioni diverse, ritrovare il piacere di giocare con le idee insieme ai compagni.
Vediamo ora quali sono i punti chiave di un laboratorio di filosofia con i bambini, al di là di quale modello si vuole seguire.
Il setting
È necessario che l’ambiente fisico ed emotivo sia confortevole, di confidenza reciproca e rilassato, un luogo in cui tutti i partecipanti si sentano presi in considerazione e abbiano fiducia che tutti i punti di vista verranno tenuti presente.
Un altro aspetto importante è che le sedie siano disposte in cerchio o, dove questo non fosse possibile, favorire lo scambio visivo tra i bambini; anche l’insegnante si siederà all’interno del circolo alla stessa altezza degli alunni.
Le regole iniziali
Prima di iniziare il laboratorio è utile presentare alcune semplici regole, che accompagneranno l’intero percorso:
1. Ascoltare con attenzione chi sta parlando e alzare la mano per chiedere la parola
2. Evitare interventi troppo lunghi e ridondanti
3. Parlare in modo chiaro e ad alta voce
4. Prima di chiedere la parola, pensare bene a quello che si vuole dire
5. Rispettare tutte le opinioni, anche quelle opposte alla propria
Il facilitatore
L’insegnante deve evitare che si ricreino le stesse dinamiche della lezione frontale, in cui l’alunno è portato a interfacciarsi con l’adulto di riferimento ed ha il ruolo di favorire il più possibile l’interazione fra pari.
Il facilitatore, dunque, deve fare un passo indietro e astenersi dall’offrire risposte e soluzioni ai problemi che gli studenti pongono. Sollecita domande, chiede di motivare le risposte ed evidenzia i diversi punti di vista, che diventano fonte di arricchimento per il gruppo.
Testi stimolo e domande
I materiali che si scelgono per avviare il laboratorio devono essere ricercati con attenzione, perché devono sollecitare stupore, stimolare la curiosità e mantenere aperta una situazione potenzialmente problematica.
Il testo stimolo, che può essere un libro, un’immagine, un enigma, un esperimento mentale o altro ha la caratteristica di sollevare domande, dubbi, spronare a fare ipotesi in modo che la classe sia portata a ricercare insieme le diverse soluzioni.
Il dialogo
Rappresenta forse il momento più delicato del laboratorio, perché i partecipanti si espongono e mettono a nudo le proprie idee.
In questo momento è fondamentale che il facilitatore garantisca il rispetto delle regole iniziali affinché tutti si sentano ascoltati e non giudicati.
Affinché inoltre il dialogo non diventi una fase di scontro, il facilitatore dovrà favorire la discussione ponendo delle domande cosiddette maieutiche, che aiutino ciascuno ad approfondire le proprie posizioni, mettere in discussione ciò che si è detto e generare nuove connessioni.
L’autovalutazione finale
Al termine dell’incontro è utile prevedere un momento in cui gli alunni possano riflettere su com’è andato il laboratorio, esprimere come si sono sentititi, individuare gli aspetti positivi e quelli da migliorare.
“L’uomo cominci da giovane a far filosofia e da vecchio non sia mai stanco di filosofare. Per la buona salute dell’animo, infatti, nessun uomo è mai troppo giovane o troppo vecchio. Chi dice che il giovane non ha ancora l’età per far filosofia, e che il vecchio l’ha ormai passata, è come se dicesse che non è ancora giunta, o è già passata, l’età per essere felici.“
Epicuro, Lettera a Meneceo
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About The Author: Anna Pellizzari
Sono consulente filosofico e aiuto le persone a mettere in pratica la filosofia. Organizzo laboratori di filosofia con bambini e ragazzi, conduco caffè filosofici e corsi su misura in vari contesti, sono appassionata di tutto ciò che ruota attorno alla salute mentale.
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