Sovrano è colui rispetto al quale tutti gli uomini sono potenzialmente homines sacri e homo sacer è colui rispetto al quale tutti gli uomini agiscono come sovrani.

Con queste parole del celebre testo Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, il filosofo italiano Giorgio Agamben tratta una delle tematiche a lui più care: il rapporto fra diritto e vita che si sviluppa poi sulle dinamiche dei modelli di sovranità.

Il potere sovrano è generazione di homines sacri dal momento che è costruzione di un corpo biopolitico. Esso è, consacrazione del vivente, è quel processo che rende la vita propriamente sacra, cioè uccidibile e non sacrificabile.
Questa prospettiva prende vita dall’analisi della figura dell’ Homo sacer (Uomo Sacro) “colui che il popolo ha giudicato per un delitto; e non è lecito sacrificarlo, ma chi lo uccide, non sarà condannato per omicidio” come definito dal grammatico latino Festo.
Per spiegare meglio il suo pensiero, Agamben fa spesso riferimento alla Germania nazista e ai lager. In sostanza,  gli ebrei erano colpevoli perché erano ebrei, in questo senso diventavano anche sacri e di conseguenza uccidibili.

La complessa e originale tesi che ruota intorno all’Homo sacer si sviluppa in molti altri testi come L’uso dei corpi. Homo sacer IV, 2, ultima tappa del suo lavoro nel quale affronta la questione dell’immanenza.

La trasformazione del modo in cui viviamo, oggi, è un problema etico, e non morale. È un problema estetico, perché molto dipende anche dallo stile con il quale un autore sigla la sua opera. E poi è un problema politico, già noto al filosofo arabo Averroè: come congiungere, letteralmente copulare, il singolo individuo con l’intelletto generale.

(tratto da Il lavoro culturale)

Giorgio Agamben, inoltre, incarnando la figura dell’intellettuale contemporaneo, attento al suo tempo, è spesso intervenuto nelle dinamiche politiche e sociali d’attualità come emerge dall’intervista rilasciata alla giornalista Juliette Cerf per Repubblica:

“Guerra” significa un conflitto fra Stati o potenze che si possono identificare e chiamare per nome, il che in questo caso, come in ogni atto di terrorismo, è ovviamente impossibile. Proprio noi in Italia — dove dopo decenni non conosciamo ancora chi siano i mandanti dell’attentato di piazza Fontana — dovremmo essere i primi a saperlo. Ed è proprio questo equivoco tra terrorismo e guerra che ha permesso a Bush dopo l’11 settembre di scatenare quella guerra contro l’Iraq che è costata la vita a decine di migliaia di persone e senza la quale forse non avremmo avuto la strage che la Francia sta oggi piangendo.

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