Verità è una parola chiave della filosofia, un tema che si è trasformato nel tempo.
Molti sono gli interrogativi posti in rapporto alla verità.
Che cos’è la verità? Vi è una sola verità o ve ne sono tante? e se vi è la verità, possiamo realmente conoscerla oppure possiamo solo cercarla senza mai poter dire di averla trovata?

La filosofia antica
La questione della verità è legata strettamente alla conoscenza e al rapporto che viene istituito fra soggetto conoscente ed oggetto della conoscenza.
I primi filosofi ad occuparsi dei processi della conoscenza, cioè della gnoseologia, furono Eraclito e Parmenide che contrappongono alla conoscenza sensibile e al suo prodotto, l’opinione (doxa), la conoscenza propria della ragione, il logos, ritenuto lo strumento unico e insostituibile per vedere la realtà in sé.
Empedocle, Anassagora e i Sofisti attribuiscono invece alla conoscenza un fondamento non più razionale ma empirico. Questi ultimi, in particolare con Protagora sostengono che la conoscenza è sensazione e muta da uomo a uomo e da momento a momento inaugurando il relativismo gnoseologico.
La verità è relativa ad ogni uomo poiché l’uomo è il criterio di misura della verità.
Con Socrate, che rifiuta la posizione dei Sofisti, il fondamento della conoscenza è dentro l’uomo: conosci te stesso è il motto e il principio ispiratore della ricerca socratica.
Il centro dell’uomo è l’anima e a quella razionale compete la ricerca di ciò che è universale. Il dialogo è il luogo in cui attuare questa ricerca: l’ironia socratica dissolve le apparenti certezze dell’interlocutore, lo costringe ad ammettere di non sapere e partendo da tale consapevolezza lo porta a guardare dentro se stesso e cercare insieme agli altri la verità. Si tratta di un impegno incessante perché la verità non è data una volta per tutte, non si trasmette ma la si genera dentro di sé.
Per Platone conoscere è ricordare e tra soggetto e oggetto vi sono caratteri essenziali comuni infatti l’anima razionale è della stessa natura, immortale e immateriale, di ciò che conosce: le Idee.
La vera conoscenza è solo quella dell’essere cioè della realtà assoluta delle idee.
Opposta alla teoria della conoscenza di Platone vi è quella di Aristotele: la conoscenza è un processo nel quale vi è uno sviluppo continuo a partire dalla conoscenza sensibile fino alla conoscenza razionale. I procedimenti del pensiero sono quello induttivo e quello deduttivo che avranno lunga vita nella storia del pensiero occidentale.
Il Medioevo
La filosofia medievale vede la verità come illuminazione divina.
In particolare Sant’Agostino considerato l’iniziatore di un “Socratismo Cristiano” afferma che la verità abita nell’interiorità dell’uomo e la sua fonte è Dio stesso.
Nel XIII secolo San Tommaso pone come base della conoscenza l’esperienza sensibile. Tutto ciò che c’è nell’intelletto arriva attraverso i sensi.
La verità è l’adeguarsi dell’intelletto alla realtà.
La filosofia moderna
Dal Rinascimento all’Illuminismo la gnoseologia moderna pone al centro dell’attività conoscitiva il soggetto.
Già dalla seconda metà del Cinquecento si cominciano ad avvertire le conseguenze della rivoluzione copernicana che ha scardinato alle basi la fisica aristotelica. Non solo il sapere aristotelico è messo in crisi, ma anche il suo metodo.
Nella storia della filosofia e della gnoseologia moderne Cartesio rappresenta un punto di svolta, la critica della tradizione filosofica è radicale. L’evidenza è il criterio di verità quando è intuita dalla mente mentre nel procedimento deduttivo l’evidenza non è altrettanto certa e ha bisogno di Dio. Il razionalismo cerca di individuare possibilità e limiti della ragione la cui centralità verrà riaffermata nell’ Illuminismo ma verranno cambiate le caratteristiche di fondo.
Quella illuministica è una ragione analitica, critica e Kant compie una rivoluzione nel campo della conoscenza portando a compimento il processo della filosofia moderna verso la centralità del soggetto nel processo conoscitivo.
L’Ottocento
Kant aveva parlato della cosa in sé e anche se rifiutava l’idea che gli uomini possano avere una sicura conoscenza del segreto più profondo della natura, postulava tuttavia l’esistenza di una sorta di verità irraggiungibile.
Hegel sosteneva che “la verità è soggettiva” e con ciò negava l’ipotesi che esistesse una qualche verità al di sopra o al di fuori della ragione umana. Tutta la conoscenza è conoscenza umana e il suo fondamento muta di generazione in generazione e per questo non esistono verità eterne né una ragione atemporale.
L’unico punto fisso, nonostante il suo continuo mutamento è la storia stessa.
Il filosofo la rappresenta come il corso di un fiume. Così si spiega anche la storia della filosofia: ogni sistema filosofico è il momento della verità in cammino, di quella verità che si rivelerà compiutamente solo alla fine, nel risultato del processo.
Il Novecento
Lo scenario delle posizioni che nel Novecento si sono misurate con il problema gnoseologico è estremamente vario e differenziato, perché diversi sono nei vari indirizzi filosofici, i compiti assegnati al pensiero e i giudizi sulle sue possibilità e i suoi limiti.
Sul finire del XIX secolo Nietzsche nega l’esistenza di una conoscenza disinteressata del mondo, poiché la scienza è dominio sulle cose. La conoscenza è perciò strumento che non guarda ai fatti come ritenevano i Positivisti, perché non ci sono fatti, ma solo interpretazioni dei fatti stessi. La conoscenza è ermeneutica, interpretazione, e la verità è affermazione della volontà di potenza, è dominio.
Esiste anche una concezione esistenzialistica della verità affrontata da Heidegger che tratta soprattutto il rapporto dell’uomo con la verità. Per Heidegger, che insiste sul senso etimologico della parola che in greco significa verità (alétheia: alla lettera, “non nascondimento”), essa consiste in una sorta di autorivelazione dell’Essere, che tuttavia non è mai completa.
La storia della filosofia è, sostanzialmente, storia di teorie in cui si sono cercati, credendo di averli trovati, fondamenti stabili per teorie scientifiche, per proposte etiche, per sistemi politici, per teorie metafisiche concernenti l’uomo, la storia, la conoscenza e la scienza, Dio. Esistono dei fondamenti certi, inattaccabili?
Non c’è certezza nella scienza come ha ribadito Popper e non possediamo nessun criterio di verità giacché le conseguenze di una teoria sono infinite; il potere politico non può venir razionalmente giustificato, sebbene possa venir criticato; il futuro della storia umana è imprevedibile.
L’uomo razionale sa che la scienza non offre certezze e questo può essere considerato un incoraggiamento al progresso della conoscenza; anche le norme etiche non possono trovare fondamenti razionali definitivi e in ciò si può leggere un invito alla tolleranza.
La filosofia fondazionale non è più possibile per la complessità del mondo dei saperi, per la presenza di culture diverse, per il fatto che l’evidenza non è solida roccia.
About The Author: Concetta Ippoliti
Sono insegnante di lettere presso la scuola secondaria di primo grado, laureata in Filosofia, ho conseguito il master di II livello in Consulenza filosofica presso l’università di Tor Vergata, Roma. Utilizzo le abilità del counseling in ambito scolastico attuando con gli allievi e con le famiglie l’ascolto attivo, la comprensione, l’empatia, l’accettazione dell’altro.
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