“Che vuol dire reale? Dammi una definizione di reale. Se ti riferisci a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel reale sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello.“
Morpheus, Matrix

Dovendo riassumere il concetto di relativismo gnoseologico espresso dal pensiero di Nietzsche, si potrebbe citare l’aforisma secondo il quale «contro il positivismo, che si ferma ai fenomeni: “ci sono soltanto fatti”, direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni».

L’analisi del prospettivismo viene condotta in modo un po’ oscuro nelle opere nietzschiane, mai in maniera diretta e sistematica. D’altronde la sistematicità non è volutamente mai stata la via comunicativa prediletta dal filosofo.

Si potrebbe quindi affermare che il percorso antidogmatico compiuto da Nietzsche, giunge senza ombra di dubbio alla nozione di “prospettiva” come vero e proprio criterio di conoscenza, rendendo il relativismo gnoseologico il filo conduttore di tutto il suo pensiero.
Ogni universale viene inesorabilmente decostruito e sostituito con una visione che rasenta il solipsismo assoluto, specie nell’ultima fase della sua opera e del suo pensiero.
Questi concetti vengono citati nella ne La Gaia Scienza, ma mai sistematicamente approfonditi.

Ma cosa implica minare, o meglio “martellare” alle fondamenta l’idea circa l’esistenza di fatti completamente oggettivi?

Il salto di prospettiva appare vistoso quando si passa dal piano del relativismo morale a quello del relativismo gnoseologico/epistemologico: possiamo essere facilmente disposti a mettere in discussione i fondamenti dell’etica e della morale, ma mettere in discussione la percezione stessa della realtà, richiede certamente un maggiore sacrificio intellettuale.

Il Cogito cartesiano

L’Occidente da Cartesio in poi, ha avuto come fondamento primo della conoscenza il Cogito, ovvero la certezza che sebbene tutto sia passibile di dubbio, l’esistenza di un soggetto pensante e cosciente di sé stesso non potesse esser messo in discussione.
Ma Nietzsche con il suo martello non risparmia nemmeno il Cogito, trattandolo senza esitazione come un abito mentale.

In base a cosa, si domanda Nietzsche, diamo per scontato che, se c’è un pensiero, debba necessariamente esserci anche un soggetto pensante?

Ciò che afferma, è il fatto che comunque si voglia interpretare la realtà, questa resta sempre frutto della nostra percezione soggettiva, data dai nostri cinque sensi che filtrano il mondo secondo le loro possibilità e ci permettono di raffigurarcelo secondo una visione soggettiva e solipsistica, che facilmente richiama alla mente anche il concetto di monade.

Hilary Putnam e il cervello nella vasca

Ma andando oltre i filosofi moderni, proviamo a fare un esempio di come questa concezione del relativismo gnoseologico nietzschiano sia stata tradotta in termini contemporanei.

Hilary Putnam, filosofo e matematico statunitense, nel 1981 ha formulato la teoria del “cervello nella vasca”.
Questa teoria immagina che un essere umano sia stato sottoposto ad un’operazione sperimentale.
Immagina che il cervello della persona in questione venga rimosso dal corpo e messo in un’ampolla piena di sostanze chimiche che lo tengono in vita.
Le terminazioni nervose vengono poi connesse ad un computer fantascientifico che permette alla persona a cui appartiene il cervello, di avere l’illusione che tutto sia perfettamente normale.
Tutta la sua vita appare scorrere secondo la consueta routine, ma in realtà ciò che la persona esperisce è il risultato degli impulsi elettrici che viaggiano dal computer alle sue terminazioni nervose, ricreando la perfetta illusione di una vita reale.

Impossibile non pensare al film Matrix, che ha chiaramente preso ispirazione anche da questo genere di teorie. D’altronde, come dice Morpheus a Neo dopo il suo risveglio, ciò che noi definiamo “reale” altro non è che il frutto della rielaborazione degli impulsi elettrici che giungono al nostro cervello tramite il filtro dei sensi.
Ma continuando a giocare con l’assurda ipotesi di Putnam, proseguiamo immaginando di estendere questa allucinazione ad un livello collettivo nel quale tutti gli esseri umani siano solo cervelli separati dai loro corpi.
E magari immaginare che forse l’universo stesso consista solo di macchinari automatici che badano ad ampolle piene di cervelli.

Per concludere, Putnam afferma: “io non mi inganno sulla vostra esistenza reale, ma solo sull’esistenza del vostro corpo e del mondo esterno, cervelli esclusi”.

Che dire riguardo questo volo pindarico della fantasia?

Oltre al fatto che indubbiamente è un ottimo spunto fantascientifico, potremmo aggiungere che portando alle estreme conseguenze il prospettivismo nietzschiano (come appunto ha fatto Putnam), si finisce inevitabilmente per isolarsi in uno scetticismo totale, degno a pieno titolo della sofistica greca.

Matrix realtà virtuale

Sebbene a mio parere possa essere troppo estremo a livello conoscitivo, è senza dubbio uno spunto di riflessione interessante, che ha certamente avuto il merito di accendere la fantasia di scienziati e scrittori contemporanei.
Ha sicuramente ispirato universi fantascientifici come quelli di Matrix o dei romanzi di Philiph Dick. Romanzi che infatti, oltre alla componente fantastica hanno senza dubbio una vasta conoscenza filosofica a loro sostegno (basti pensare a film/romanzi come Blade Runner e Minority Report).

Ho sempre trovato affascinante la fitta rete di interconnessioni che lega la filosofia, la fantascienza ed anche la scienza stessa.
La Teoria della Relatività è nata da una serie di ipotesi e domande sullo spazio/tempo completamente contrarie alla logica, che Einstein in età adolescenziale ha iniziato a porsi osservando i raggi di luce e chiedendosi cosa sarebbe successo se avesse potuto viaggiare alla loro stessa velocità.

Jean Baudrillard: Simulacri e Simulazioni

Ma pensiamo anche a Baudrillard: sociologo, filosofo e teorico della post modernità, dalla cui opera (Simulacri e Simulazioni) è stato ispirato il sopracitato Matrix.
Il Simulacro in questo caso, non è ciò che nasconde la verità, esso anzi rappresenta la verità che nasconde il niente.

Baudrillard sottolinea come la nostra società abbia sostituito il senso del reale con una serie di simboli e segni autoreferenziali, completamente vuoti di ogni significato.
Questi simulacri sono quindi una pura illusione con la quale l’uomo contemporaneo tenta invano di dare una spiegazione ed un senso alla propria vita.

Sono chiaramente i significati e i simboli della cultura e dei media, duramente sottoposti a critica dall’autore e che finiscono tragicamente per costituire la totalità della realtà che percepiamo.
Anche in questo caso quindi, bene si presta il paragone tra una società fatta di pura superficie, totalmente illusoria come l’allucinazione collettiva di Matrix o dei cervelli nella vasca.

Queste tematiche, seppur in chiave sociologica, sono a loro volta molto simili a quelle trattate da Zygmund Bauman, nella sua teoria della società liquida, mutevole proprio perchè di fondo estremamente superficiale ed inconsistente.

In conclusione, attraverso questa colorita rassegna di esempi, è interessante riflettere riguardo quale profonda interconnessione si sia venuta a creare tra ambiti apparentemente molto diversi tra loro, che come in un gioco di echi e richiami reciproci continuamente si avvicendano e si fanno da specchio a vicenda.
E cosa più importante, hanno ispirato e ispirano tutt’ora la fantasia e lo stupore di scrittori, filosofi, artisti e scienziati dall’antichità sino ai nostri giorni.

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