Matteo Saudino è insegnante di storia e filosofia presso il liceo “Giordano Bruno”  di Torino ed è il padre di Barbasophia, il seguitissimo canale Youtube in cui parla non solo di filosofia ma anche di film, letteratura, politica e attualità.
Dopo aver scritto assieme a Chiara Foà Il prof fannullone. Appunti di una coppia di insegnanti ribelli nell’esercizio del mestiere più antico del mondo (o quasi)ha da poco pubblicato il suo ultimo libro La filosofia non è una barba

Matteo Saudino

1. Partiamo dalla sua ultima fatica letteraria “La filosofia non è una barba. Dal prof più appassionante d’Italia vita, morte e pensiero dei grandi filosofi da Talete a Nietzsche” (Vallardi), senza voler tessere lodi in maniera retorica, effettivamente, lei è riuscito a mettere insieme due argomenti abbastanza ostici ai più, come la morte e la filosofia, in un modo estremamente coraggioso e coinvolgente. Inevitabile chiederle da dove abbia preso ispirazione il libro.

La filosofia non è una barba” nasce da un progetto che avevo nel cassetto perché a mio avviso è sempre importante custodire e alimentare sogni e progetti. Avevo immaginato di raccontare una piccola storia della filosofia al rovescio partendo dalla morte dei filosofi per poi raccontarne la vita, il pensiero e le speculazioni. Quando la casa editrice Vallardi mi ha contattato, il progetto è passato dal mondo delle idee a quello della realtà.
Il libro si fonda sull’idea che la morte sia un atto estremamente filosofico e che possa celare molto del nostro vivere, anche se questo non vale per tutte le morti: la morte é quell’atto finale in vista del quale assume valore l’esistenza. Ho immaginato dunque una sorta di “muoio ergo sum – dimmi come sei morto e ti dirò chi sei, cosa sei stato, cosa hai pensato, cosa hai detto“, cercando di trovare un filo rosso che collegasse la morte di Talete, Nietzsche, Schopenhauer, Kierkegaard, Giordano Bruno ed altri al loro pensiero.
Ne è uscito questo libro il quale però di fondo vede proprio la morte come una sorta di dono che permette di dare un senso a tutto quello che c’è prima; come in Heidegger, anticipare la morte nel vivere significa dare autenticità all’esistenza, uscire dal dialogo inteso come chiacchiericcio e andare verso il dialogo inteso come scambio profondo.

2. Nell’ introduzione al suo libro, lei scrive che la filosofia è “pungente, ribelle e inutile come un’ortica”; ci può spiegare brevemente il significato di questa definizione?

La filosofia è un atto di ribellione verso l’opacità del presente, la filosofia ti costringe a pensare e dunque, proprio come un’ortica, ti punge, ti stimola e ti porta dal mondo dei dormienti a quello dei vivi, innescando meraviglia e stupore rispetto al mondo. La filosofia nasce dalla meraviglia, cioè dall’inquietudine, dalla bellezza del mondo ma al contempo ti porta poi ad osservare le bellezze e le inquietudini del mondo. Dunque pungente e ribelle significa proprio che ti risveglia.
La filosofia è un atto di ribellione rispetto ad una mediocrità, un’opacità del presente e ad un divenire senza vita: il divenire è vita, è necessario trovare la vita nel divenire per non accontentarsi dello scorrere dell’esistenza.
Infine è inutile, nel senso proprio di Aristotele o di Russell, perché non ti insegna a fare nulla di pratico, nulla di concreto ma forse ti insegna la cosa più bella e più importante cioè prendere in esame l’esistenza, ricercare il senso della vita e della verità. E’ dunque un’ inutile utilità oppure un’ utile inutilità.

3. Lei su YouTube è conosciuto come BarbaSophia, un canale che conta più di 90.000 iscritti e in cui riprende le sue lezioni di storia e filosofia al Liceo. Com’è nata l’idea di creare questo canale e come reagiscono i suoi studenti?

E’ nata per caso, come per caso nascono a mio avviso le cose belle. Cinque anni fa ero in una classe e mi apprestavo a fare una lezione di filosofia dedicata a Pitagora, in classe mancavano circa dieci allievi impegnati nelle olimpiadi di matematica e a quel punto ho deciso di registrare la lezione per dare gli assenti l’opportunità di recuperare quello che avevo spiegato e le riflessioni che avevo proposto. Terminata la ripresa della lezione, della durata di circa 20 minuti, i presenti mi consigliano di non inviare via mail il video, che sarebbe stato troppo pesante da scaricare, ma di caricarlo su un canale YouTube che era facile da aprire. Così ho caricato la prima lezione e da allora ho pubblicato centinaia di video.
Ci sono lezioni ma anche recensioni su cinema, letteratura e fumetti, che vengono visti da un pubblicato variegato, dagli studenti ai lavoratori, da chi era appassionato di filosofia a chi ne è un cultore, da chi vuole affacciarsi per la prima volta o a chi vuole approfondirla. Penso che questa esperienza sia importante perché dimostra che c’è ancora tanta voglia e curiosità da parte dei navigatori della rete di avvicinarsi a queste tematiche.

4. Grazie alla sua professione di insegnante al liceo, ha un posto in prima fila per osservare le nuove generazioni, i loro sogni, le loro idee, le speranze. Quali sono le considerazioni che si sente di fare sui ragazzi di oggi?

Siamo in presenza di una generazione che ha voglia di cambiamento e di mettersi in gioco. Una generazione che ha sicuramente anche sogni e aspettative spesso più individuali che collettivi, perché il Novecento si è portato via in gran parte il comunitarismo, il collettivismo, la prospettiva di vita più allargata e più in comune, dunque la maggior parte dei progetti riguardano la vita personale. Tuttavia negli ultimi anni ho notato un rinnovato interesse per la politica troppo spesso bistrattata e relegata a corruzione. I ragazzi hanno voglia di parlare di forme e problemi politici: dai temi delle disuguaglianze a quelli dell’ambiente, dalla violenza sulle donne al tema dei diritti civili, dai temi delle nuove povertà alle guerre. Se apri queste finestre a scuola, sul mondo e sui temi della politica, i ragazzi e le ragazze ti seguono, hanno voglia di imparare, di discutere e di mettersi in gioco. Spesso è la disillusione dei docenti a tarpare le ali ai ragazzi poiché gli adulti hanno assunto un’armatura cinica per stare al mondo e hanno così perduto lo slancio di proporre ai ragazzi e alle ragazze la politica, il cambiamento, la voglia di fare, di comprendere il mondo. Partire dal presupposto che ai ragazzi non interessi la politica è un errore: in realtà a loro interessa e ne è prova anche il movimento ecologista seppur ancora molto acerbo e poco politicizzato. Le sfide dell’ecologia e della giustizia sociale, ovvero del mondo che produce tanto ma in modo diseguale sfruttando lavoro, risorse, uomini e donne, saranno due problemi ineludibili a cui le nuove generazioni dovranno dare risposta, intorno alle quali ci si dividerà anche profondamente. Queste sono le mie considerazioni come insegnante che ha fiducia nei ragazzi e penso che siano meglio di come a volte le vecchie generazioni li dipingano.

5. Possiamo dire che lei è un intellettuale impegnato direttamente nelle questioni contemporanee e legate alla vita pratica. Lei ha dichiarato più volte di essere un convinto sostenitore della democrazia partecipata dal basso. Crede che in Italia questa modalità di espressione sia presente e in quali termini?

Penso che la democrazia come partecipazione sia la risposta alle grandi crisi generate da una globalizzazione che non mette al centro l’individuo e i diritti umani, ad un nazionalismo e ad una xenofobia che ritorna come una brutta, cattiva, ingiusta risposta ai danni della globalizzazione capitalista-liberista. Il mondo è globale e porta con sé molto opportunità tra cui quella di unire le ragazze e i ragazzi, i lavoratori e le lavoratrici in una prospettiva di pace, di sviluppo sostenibile e di democrazia partecipata. È un’opportunità difficile da cogliere perché prevalgono soprattutto le sirene del cinismo che afferma che “la politica è per pochi, non deve toccare i cittadini, il popolo non vuole partecipare ma gli basta un po’ di TV, un po’ di reality, un po’ di circo”. Se non invertiamo la rotta e non andiamo verso una vera partecipazione i danni di questo sviluppo travolgeranno le nostre vite. Dunque io penso che la partecipazione alle grandi battaglie ambientaliste, a partire dai territori e dai comuni, la partecipazione alla democratizzazione della scuola e a nuove forme di dignità del lavoro dovranno essere dal basso perché dall’alto non arrivano risposte adeguate. Ai cittadini non rimarrà altro che auto-organizzarsi per poter dare chiaramente robustezza alla democrazia, altrimenti li vedremo impoverirsi, smarrirsi di fronte ai nostri occhi.

6. Il 32mo “Rapporto Italia 2020” dell’Eurispes rileva che il 15,6% degli italiani nega la Shoah, da professore, filosofo, cittadino italiano quali considerazioni si sente di esprimere?

La mia reazione è solo di relativo stupore, nel senso che quando c’è una fortissima crisi economica, sociale, culturale, come quella che stiamo vivendo, i capri espiatori tornano per tanti motivi: l’ebreo come minoranza, come coacervo di ostilità, banchiere, usuraio, deicida, comunista, rivoluzionario, intellettuale, colto, l’ebreo come insieme appunto di capri espiatori è perfetto per essere accusato ancora oggi di complotto e di manipolazione.
In secondo luogo c’è un problema di istruzione perché nonostante si affrontino più volte i temi della Shoa lo si fa in maniera o troppo retorica o troppo superficiale: la retorica e la superficialità intorno alla Shoa fanno male alla memoria e ad una storia che ci deve aiutare a comprendere il presente.
Io non so se la storia possa essere maestra di vita però un buon studio della storia permette di migliorare la comprensione della realtà e farci vivere meglio. La storia infatti non è soltanto un insieme di battaglie, avvenimenti e date ma è un insieme di ragionamenti su cause e conseguenze, sui processi storici che diventano sociali, politici ed economici. Un buon studio della storia dunque può frenare questo ritorno dell’antisemitismo.

7. Per terminare l’intervista facciamo sempre una domanda ai nostri ospiti: quale “pensiero filosofico” sente di esprimere ai lettori del nostro blog?

Il filosofo a cui mi sento di rimandare è Giordano Bruno, che dà il nome alla scuola in cui insegno e a lui ho dedicato dei capitoli del mio libro. E’ un filosofo che oggi riscoprirei per la sua grande capacità di pensiero plurale: personaggio eclettico, mago, intellettuale, artista e scrittore, un uomo dunque a più dimensioni e oggi avere più dimensioni per affrontare la realtà può essere la chiave della libertà, dell’autonomia e di una società più giusta.
In Bruno inoltre c’è l’esaltazione della vita di natura, cioè di un Dio che coincide con l’universo e con la natura stessa; questo ci porta ad un atteggiamento ecologico e di rispetto verso ciò che ci circonda, ci porta ad avversare le guerre che sono delle assolute stupidità e idiozie. Il Bruno pacifista, ecologista, mago, proto-scienziato, il Bruno della mnemotecnica, naturalista, scrittore; tutte queste pluralità ci possono dare dei buoni strumenti per combattere i fondamentalismi politici economici e religiosi che sono nemici dell’umanità, della giustizia e della convivenza civile.

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