Paolo Cervari è consulente filosofico Phronesis, coach e formatore; attualmente lavora nel campo della comunicazione e dello sviluppo organizzativo per grandi aziende italiane ed estere.
Ha scritto numerosi libri a articoli sulla consulenza filosofica in azienda e sul tema della leadership, tra cui Il filosofo in azienda (con Neri Pollastri, ed. Apogeo) e Verso una leadership filosofica (Persone&Conoscenza). Collabora inoltre con huffingtonpost.it.

Paolo Cervari

1. Come si può leggere sul suo sito cervari-consulting.com, lei è laureato in Filosofia, ha conseguito diversi master diventando consulente filosofico Phronesis, Problem Solver and Strategic Coach per l’MRI di Palo Alto, formatore certificato presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo e lavoro quindi come consulente, formatore e coach. Qual è il filo rosso che lega le sue diverse specializzazioni?

Ah, saperlo! Scherzo. Di certo non è un filo previsto da subito ma, volgendosi indietro posteriormente (après coup, direbbe Lacan), direi la comunicazione, con tutto quanto di detto, infradetto e non detto essa comporta – e questo vale anche per quanto riguarda altre mie attività (per esempio i romanzi). La comunicazione è per me una sorta di infrastruttura della realtà -cosa che trova conferme anche nella scienza contemporanea – e di quella particolare realtà che a me soprattutto interessa, ovvero le interazioni tra esseri umani. Come consulente aziendale lavoro sempre su temi che riguardano le persone e per me, con grande scandalo di molti colleghi, i confini tra coaching e pratica filosofica, counseling e consulenza spesso sono molto sfumati.

2. Quali strumenti propriamente filosofici utilizza più spesso nel suo lavoro in ambito organizzativo?

E’ difficile rispondere, direi tutti, ma bisognerebbe intendersi sul significato del termine “strumenti filosofici”. Se intendiamo qualcosa che va al di là delle tipiche mosse della filosofia (dalla dialettica alla decostruzione, per intenderci), allora direi che la tecnica più utilizzata è la Comunità di Ricerca.

3. Ci sono delle problematiche organizzative in cui è particolarmente utile la consulenza filosofica?

Certamente: tutto ciò che riguarda l’etica, la definizione della verità, la riflessione, il ruolo della bellezza. Stringendo il campo, in termini più organizzativi, tutte le scelte strategiche, il change della cultura organizzativa, etica e valori e ruolo delle preferenze e degli stili estetici – per fare un esempio concreto: nella progettazione di una nuova sede. Ma anche molto altro: la filosofia è un modo di guardare le cose, qualsiasi cosa.

4. Ci può spiegare cosa intende per leadership filosofica e quindi quali competenze dovrebbe avere un “leader-filosofo”?

Su questo tema ho scritto un breve articolo articolo comparso su Persone & Conoscenze a cui mi permetto di rimandare: http://cervari-consulting.com/wp-content/uploads/Verso-una-leadership-filosofica.pdf . Per sintetizzare, direi che la leadership filosofica è una leadership che si sottomette all’imperio della Verità, da vedersi come condivisa e in discussione – soprattutto quanto ai meccanismi del suo farsi (la veridizione di Foucault) – il che implica trasparenza e una certa forma di “pubblicità”: il leader filosofico è un leader pubblico.

5. Lei organizza e conduce le cosiddette cene filosofiche, a chi si rivolgono e come si svolgono?

Si rivolgono a chiunque si voglia confrontare con altri su temi specifici ma di largo interesse (libertà, amore, potere…) secondo le regole tipiche delle Pratiche Filosofiche: rispetto etico, condivisione del potere di parola, focalizzazione sull’argomentazione e sulle regole di veridizione (che non sono date ma condivise) – insomma, tutto il contrario di quanto si fa in genere in TV e sui social network (Facebook soprattutto). Si svolgono mediante la rotazione di gruppi di conversanti su tavoli da quattro o cinque commensali secondo fasi stabilite che comportano diverse tappe: fare domande, cercare risposte, dibattere, convergere su un’affermazione finale e una domanda. Non c’è alcun tentativo di promuovere opinioni, ma solo l’intento di aiutare le persone a parlare.

6. Lei è stato uno dei primi consulenti filosofici in Italia, potremmo dire un pioniere della consulenza filosofica nel nostro paese; lei registra una crescita di questa “disciplina” nel territorio italiano oppure denota delle difficoltà a livello di diffusione e affermazione?

A rigori, non lo so. La mia percezione soggettiva è che se da una parte si fa molta fatica, dall’altra piano piano il tema sta risvegliando un certo interesse (parlo delle aziende). Di certo l’ignoranza diffusa, la tendenza a schierarsi a priori e l’inclinazione tipicamente italiana (come diceva Flaiano) a saltare sul carro dei vincitori non aiutano. Per converso ho sempre pensato e continuo a pensare che la pratica della filosofia sia una necessità per la nostra società che, soffrendo di un progressivo smarrimento etico e valoriale, si gioverebbe non poco di un po’ di pensiero critico e soprattutto personale.

7. Infine una domanda d’obbligo per i nostri ospiti, quale “pensiero filosofico” si sente di esprimere ai lettori del nostro blog?

Non dispenso saggezza tipo biscotti della fortuna ma, salendo di livello, mi posso riallacciare a quanto detto prima: pensate, e pensate con la vostra testa.

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