L’etica, dal greco éthos che significa comportamento, costume, è la parte della filosofia che ha per oggetto il bene che deve determinare la condotta umana.
È possibile valutare cosa è bene e cosa è male? E in che modo?
Poiché occorrono dei criteri l’etica è anche lo studio dei principi che orientano la condotta.

Concetti base e valori nel pensiero etico in Grecia
I concetti base sono quelli di areté, eudaimonía e dike traducibili rispettivamente con virtù, felicità e giustizia.
L’etica arcaica e in seguito l’etica della pólis si fondano su modelli di valore di tipo competitivo, legati alle virtù dell’eroe in guerra.
Nell’età eroica l’areté è patrimonio della nobiltà, non è frutto di apprendimento, ma è trasmessa dalla stirpe. E’ individuale, viene mostrata dall’eroe, ma ad essa si accompagna anche un’idea di responsabilità collettiva, basata sia sul legame di sangue dell’eroe con la propria stirpe, sia sull’obbligo sociale della philía, l’amicizia, che impone sempre di fare bene agli amici e male ai nemici.
La virtù consiste in un insieme di qualità: la principale è la capacità di combattimento. Essa è sorretta da una fortissima carica emotiva, in primo luogo dall’ira che rende l’azione dell’eroe incontenibile sul campo di battaglia.
L’ira di Achille
Di nuovo allora il Pelìde con parole ingiuriose / investì l’Atrìde e non trattenne il corruccio: / “Ubriacone , occhi di cane, cuore / di cervo, / mai vestir corazza con l’esercito in guerra / né andare all’agguato coi più forti degli Achei / osa il tuo cuore: / questo ti sembra morte.[…]” / Disse così il Pelìde e scagliò in terra lo scettro / disseminato di chiodi d’oro. Poi egli sedette / Dall’altra parte l’Atride era furioso…
Omero, Iliade, libro I
Il successo dell’azione dell’eroe determina il rispetto della società, l’onore e la fama che i poeti tramandano con i loro canti.
Per la donna il sistema dei valori è diverso. La sua areté è la bellezza ma anche la fedeltà. La prova della virtù è la capacità di stare al proprio posto fra le pareti domestiche e di gestire la casa e la famiglia. Anche dal concetto di areté si può notare il ruolo subalterno che la donna svolge nella vita sociale.
Ettore e Andromaca
Dopo che disse così, mise in braccio alla sposa / il figlio suo; ed ella lo strinse al seno odoroso, / sorridendo fra il pianto; si / intenerì lo sposo a guardarla, / l’ accarezzò con la mano, le disse parole, parlò così: / “Misera non t’ affliggere troppo nel cuore! / nessuno contro il destino potrà gettarmi nell’Ade; / ma la Moira, ti dico, non c’è uomo che possa evitarla, / sia valoroso o vile, dal momento ch’ è nato. / Su, torna a casa, e pensa all’opere tue, / telaio, e fuso; e alle ancelle comanda / di badare al lavoro; alla guerra penseranno gli uomini / tutti e io sopra tutti, quanti nacquero ad Ilio”.
Omero, Iliade, libro IV
L’età della pólis
Con l’affermazione della civiltà della pólis si assiste a una profonda trasformazione dei sistemi di valore. La virtù non ha più i connotati guerrieri e diventa un ideale di bellezza e bontà che compete ai migliori per sangue e stirpe.
Il modello competitivo perde le caratteristiche individuali legate al singolo eroe e diventa una virtù civica, cioè la capacità di combattimento per la difesa della patria.
I Sofisti
Nel V secolo, periodo di massima potenza di Atene, la virtù morale si identifica con la virtù politica, la capacità dell’individuo di partecipare alla vita della comunità.
Il bene e il male corrispondono a ciò che è utile o dannoso all’individuo o alla città, perché l’uomo con le sue esigenze e aspirazioni è la misura di tutte le cose (Protagora IV-V secolo a. C.).
Con i Sofisti si afferma il carattere relativo dei valori morali: l’areté può essere acquisita attraverso l’educazione e l’esercizio e si caratterizza come un insieme di capacità indispensabili all’individuo per avere successo.
La crisi della pólis
Con la crisi della pólis ateniese si manifestano esigenze etiche differenti.
Socrate e Platone affermano la necessità di nuovi valori: i criteri di valutazione della condotta umana non devono essere legati alle circostanze o all’utile come affermavano i Sofisti, ma devono ispirarsi a principi stabili e certi.
I valori si possono conoscere grazie alla ragione e alla conoscenza e virtù e sapere vengono identificati.
Socrate e Platone
Nell’ambito della morale e della politica è necessario essere consapevoli di ciò che si fa: la virtù è sapere e consapevolezza etica, capacità di valutare in ogni situazione che cosa sia bene e che cosa male. Per Socrate, alla conoscenza del bene, segue l’azione infatti la volontà segue i dettami di un agire consapevole e autonomo.
Si parla dunque in questo caso di intellettualismo etico in quanto si afferma che basta conoscere il bene per attuarlo. Se uno sbaglia lo fa solo per ignoranza, non per cattiva volontà.
Socrate: “O caro Critone, la tua sollecitudine sarebbe degna di molta considerazione, se fosse accompagnata in qualche modo la rettitudine: se no, quanto essere maggiore, tanto è più penosa. Pertanto bisogna riflettere se queste cose si debbano fare o no: infatti io, non ora per la prima volta, ma sempre, intendo dare ascolto a null’altro di ciò che è in me, se non alla ragione, a quella che, a me, ragionando, risulti la migliore.”
Platone, Il Critone
Socrate afferma che è necessario ispirarsi a due criteri: quello di sapere di non sapere, sinonimo di apertura e capacità critica di mettere in discussione le proprie azioni e quello di una ricerca comune, attraverso il dialogo, di valori validi nel percorso di vita dell’uomo.
Platone va oltre Socrate nella definizione dell’areté.
È necessario legare la morale a una misura assoluta e il metro di valutazione oggettivo è rappresentato dalle Idee. Guardando ad esse l’intelletto riesce a individuare i valori a cui la condotta umana deve affidarsi. Platone conferma l’idea già sostenuta da Socrate dell’autonomia della scelta morale dell’individuo. Scegliere il bene e il male dipende solo da noi.
Se l’azione morale deriva dalla conoscenza del bene e del male significa che siamo responsabili dei nostri atti e il destino dipende dalle nostre scelte.
Le idee, modelli della realtà sensibile, criteri ed elementi della conoscenza, anche in ambito psicologico dirigono la parte migliore dell’anima e determinano anche la morale. Si conferma così l’intellettualismo etico di Socrate che amplifica la potenza della ragione sulle emozioni e sulla volontà che obbedisce alla conoscenza.
Per i filosofi greci non esiste ancora il concetto cristiano di peccato ma solo quello di errore.
Esiste inoltre per Platone un’idea verso la quale tendere e a cui occorre ispirarsi per raggiungere la massima perfezione possibile ed è l’idea del Bene.
La virtù per eccellenza della pólis è la giustizia e all’interno di essa ciascuna delle tre classi sociali avrà una virtù dominante: la sapienza per i governanti, il coraggio per i difensori, la temperanza per i produttori.
Anche l’anima dell’individuo ha una struttura articolata in tre funzioni distinte: la razionalità, l’emotività e i desideri. Ad ognuno di queste corrispondono le virtù che Platone ha attribuito a ciascuna classe sociale.
L’etica platonico-socratica ha un carattere razionalistico perché la direzione della condotta può essere assunta solo dalla funzione in base alla quale sia possibile conoscere il vero bene.
Solo con la piena valorizzazione della ragione e il completo svolgimento dei compiti sociali a cui ogni individuo è chiamato, il singolo e la collettività possono conseguire il massimo di felicità che è umanamente possibile per loro.
Consigli bibliografici per approfondire:
Titolo: L’etica degli antici
Autore: Mario Vegetti
Editore: Laterza
Titolo: Dialoghi
Autore: Platone
Editore: Mondadori
About The Author: Concetta Ippoliti
Sono insegnante di lettere presso la scuola secondaria di primo grado, laureata in Filosofia, ho conseguito il master di II livello in Consulenza filosofica presso l’università di Tor Vergata, Roma. Utilizzo le abilità del counseling in ambito scolastico attuando con gli allievi e con le famiglie l’ascolto attivo, la comprensione, l’empatia, l’accettazione dell’altro.
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