“I limiti del mio linguaggio sono i confini del mio pensiero. Tutto ciò che io conosco è ciò per cui ho delle parole.”
Ludwig Wittgenstein
Quando sentiamo parlare di capacità argomentativa e pensiero critico, la nostra mente va spesso a quei personaggi sempre in grado di apparire brillanti e carismatici, con la risposta perfetta in ogni circostanza, immancabilmente in grado di inserirsi in ogni genere di conversazione.
Quante volte ci siamo sentiti fuori posto in una discussione per non aver avuto prontezza di risposta, ritrovandoci ad invidiare chi riusciva invece ad apparire sempre opportuno?

Quando si desidera esporre al prossimo il proprio pensiero, è buona regola aver precedentemente acquisito una profonda conoscenza dell’argomento che si intende dimostrare: più abbiamo padronanza di una tematica, meno si rischia di esser colti impreparati dalle domande inaspettate che potrebbero sorgere.
I grandi dittatori, intellettuali e politici che la storia ci propone ne sono il classico esempio, e nella maggior parte dei casi furono accomunati da grandi doti oratorie e dalla capacità di coinvolgere le masse facendo leva sui giusti tasti emotivi.
L’empatia da questo punto di vista è una dote imprescindibile, poichè ci permette di capire chi abbiamo davanti e quali sono i suoi bisogni.
Ma la capacità argomentativa e il pensiero critico si possono apprendere? Rispondono a dei criteri possibili da classificare?
Arte oratoria e filosofia greca
Tornando indietro nel tempo, possiamo vedere che la filosofia greca è stata la prima a studiare sistematicamente la questione.
Molti filosofi si sono infatti occupati dell’arte oratoria, ma con intenti e finalità molto diverse tra loro.
Facciamo a grandi linee una distinzione: quando si dialoga con qualcuno per mettere a confronto due opinioni, lo si può fare con due propositi.
Il primo è con lo scopo di arrivare alla verità (o magari, con meno pretese, solo di voler ampliare le proprie conoscenze). Ciò implica accettare di metter da parte i propri pregiudizi e opinioni errate per accogliere ciò che di valido l’altro può insegnarci.
Il secondo intento invece è semplicemente quello di “vincere” la discussione, convincendo l’interlocutore della propria tesi, a prescindere dalla verità di quest’ultima.
Volendo seguire questa distinzione, possiamo identificare come rappresentanti di queste due scuole di pensiero da una parte Socrate (interessato alla ricerca del vero) e dall’altra i sofisti (in particolare quelli della seconda generazione) la cui tecnica oratoria fu definita “eristica”.
Che cos’è l’eristica?
Con il termine “eristica” si intende infatti la volontà di vincere il dibattito senza badare alla verità di ciò che si sostiene. L’arma utilizzata da questi sofisti era la logica, che costituiva l’intelaiatura dei loro discorsi: contrariamente a quanto si è portati a pensare, logica e verità possono benissimo non coincidere.
Pensiamo ad esempio alla classica formulazione del sillogismo di Aristotele (il sillogismo è un ragionamento logico – deduttivo costituito da una premessa maggiore, una premessa minore e dalla conclusione che ne deriva): tutti gli uomini sono mortali. Socrate è un uomo. Socrate è mortale.
Nessuno di noi direbbe che questo ragionamento non sia corretto.
Ma proviamo adesso a cambiare un elemento della prima premessa, facendo finta che sia vero, e sviluppiamo di conseguenza lo stesso ragionamento: tutti gli uomini sono immortali. Socrate è un uomo. Socrate è immortale.
Per quanto assurdo, dal punto di vista puramente logico anche questo è un ragionamento valido.
Cosa possiamo dedurre da questi due esempi?
Che a seconda delle premesse, vere o false che siano, un ragionamento logicamente ben strutturato può comunque essere valido.
Ne consegue che, conoscendo le giuste tecniche oratorie, questo è certamente un ottimo metodo per vincere una discussione o sopraffare un avversario politico, sebbene si sia consapevoli di aver torto.
La maieutica di Socrate
Di tutt’altro genere è il pensiero socratico: con il suo metodo dialettico, chiamato maieutica, egli non intende convincere l’interlocutore della sua opinione. Anzi, Socrate spesso tiene a sottolineare che non possiede una verità da insegnare. Quello che gli sta a cuore, è portare alla luce la verità interiore che il suo interlocutore già possiede: esattamente come uno scultore porta alla luce la sua opera sgrezzando la pietra, l’uomo può trovare dentro se stesso molta più sapienza di quanto pensi.
Per arrivare a questo, Socrate pone una serie di domande sempre più mirate volte a scardinare le opinioni incerte o basate sul sentito dire, per sostituirle in seguito con quelle più fondate che si raggiungono tramite un dialogo aperto e imparziale. Se quindi chi espone la propria opinione non ha valide conoscenze a suo supporto, prima o poi verranno fuori lacune che destabilizzeranno e porteranno a rimettere in discussione l’intero sistema di pensiero al quale egli si era precedentemente affidato.
Al termine del dialogo non si giunge mai ad una verità ultima, ma si procede nella giusta direzione di pensiero, come una linea retta che tende all’infinito.
La verità in definitiva non è mai garantita, poichè le capacità dell’intelletto pongono sempre un limite. Ma questo non deve mai essere motivo di scoraggiamento nel porsi domande e nell’essere critici.
Educare al pensiero critico oggi
Cosa possiamo apprendere oggi da questo metodo?
Possiamo imparare a dubitare. E il confronto dialogico è ciò che permette davvero al dubbio di maturare.
Esprimere il pensiero in parole, permette infatti di chiarire innanzitutto a noi stessi l’argomento in questione.
Se fin da bambini venissimo avvicinati allo studio delle articolazioni logiche e alle strutture di pensiero che esprimono (i principi di causa/effetto; premessa/conseguenza) con i connettivi linguistici appropriati (se/allora, ma, dunque, poichè ecc…) in età adulta saremmo probabilmente in grado di padroneggiare molto meglio la logica formale e di applicarla quindi al pensiero e alla capacità espressiva quotidiana.
La capacità critica contribuisce inoltre al conseguimento di importanti traguardi, come la possibilità di astrarsi dalla propria prospettiva mettendo da parte i pregiudizi, per porsi dal punto di vista dell’interlocutore.
Inoltre contribuisce a costruire un’ottica critica anche in relazione alle tesi non dimostrate, o prive di un valido fondamento.
Basti pensare a quanto siamo influenzati dai luoghi comuni, dalle opinioni basate sul sentito dire e sui pregiudizi (comunicazione dei mass media, pubblicità, ai social network, ecc…).
In conclusione, essere critici e porsi domande non è solo l’abilità che permette di vincere le dispute e sembrare arguti: è innanzitutto la strada che consente di emanciparsi dall’ignoranza e dal doversi affidare all’informazione di massa, poichè altrimenti non si sarebbe in grado di formulare un’opinione autonoma.
È, a conti fatti, l’unico modo che abbiamo per definirci liberi. Non esiste prigione peggiore di quella della propria mente.
About The Author: Camilla Stirati
Sono laureata in Filosofia Magistrale e ho lavorato per diversi anni come bibliotecaria e insegnante di italiano per stranieri.
Dopo l'università ho continuato ad approfondire con grande passione svariate tematiche legate alla filosofia, alla letteratura ed alla psicologia.
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