Quell’uomo ha una doppia vita! Da quel giorno ho cambiato vita! Per me è stato come morire!

 

Sono tutte espressioni in uso nel linguaggio quotidiano in cui i termini vita e morte non possiedono una valenza biologica bensì fanno riferimento a qualcosa che va oltre il ciclo vitale dell’esistenza di ciascun individuo. Solitamente la vita per convenzione si fa iniziare il giorno della nascita, ma quante volte ci capita di morire e di rinascere nell’arco di un’intera vita?

optimized-vitaCome inizieremmo a scrivere la nostra biografia? Sono nato sotto le scie delle ultime bombe…Guardando una vecchia foto in cui tutta la mia numerosa famiglia sorride felice…Inizierei dall’oggi per lasciarmi andare a lunghi ricordi…

Bellissime, a questo proposito, sono le parole che scrive Christian Bobin:

“Dobbiamo nascere due volte per vivere un po’, anche solo un po’. Dobbiamo nascere nella carne e poi nell’anima. Le due nascite sono come uno strappo. La prima proietta il corpo nel mondo, la seconda lancia l’anima al cielo. La mia seconda nascita è cominciata vedendoti entrare in una stanza, un venerdì sera di fine settembre 1979, verso le dieci di sera.” (C. Bobin, Più viva che mai)

Quando incontriamo una persona per la prima volta o quando rivediamo un nostro amico dopo moltissimo tempo, capita spesso di sentire un certo imbarazzo nell’iniziare il dialogo perché abbiamo paura di essere indiscreti, di chiedere troppo o troppo poco, di avvicinarci all’altro in modo sbagliato. Le domande che poniamo, infatti, cercano in qualche modo di racchiudere la vita del nostro interlocutore all’interno di canali interpretativi che possono risultare troppo stretti o inadatti.

Che cos’e’ necessario?

E’ necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si e’ vissuto
e’ bene che il curriculum sia breve.
E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di piu’ chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perche’.
Onorificenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.
E’ la sua forma che conta, non cio’ che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.

(W. Szymborska, Scrivere un curriculum)

Dunque, quali potrebbero essere le domande che fanno intravedere, fin dal primo momento, chi siamo?

Condividi su: