La parola politica ha una etimologia estremamente interessante: deriva dal greco πολιτική, che è composto dalla parola “polis”, ovvero città, stato, comunità e da “technè” ovvero arte. Quindi, la politica è l’arte dello stato, quella particolare tecnica che permette di amministrarlo, un’arte che sa realizzare il bene comune, un benessere insieme personale e collettivo, sia dal punto di vista strettamente politico, sociale ed economico che, soprattutto, da quello psicologico ed etico.

L’arte del saper guardare
La politica è dunque l’arte del saper guardare. Saper guardare significa scoprirsi sguardi di una comunità interna ed esterna, realtà che mi costituisce e di cui sono responsabile, e, parafrasando quanto sosteneva Levinas, una società in cui tutto riguarda tutti perché tutti si guardano.
La società in cui ci troviamo deve quindi essere ripensata e reinventata a partire da questo sguardo intimo, personale ed insieme collettivo.
La politica può rendersi arte del saper guardare attraverso tre momenti che sono quelli tipici di un volto che si apre all’osservare gli altri e il mondo. Rappresentano quindi tutto ciò che avviene in uno scambio di sguardi.
1. Sollevare il volto
Basta finzioni, basta maschere, la politica deve mostrare le sue vere rughe di meravigliosa esistenza, deve far emergere il suo volto nelle sue perfette imperfezioni per rinascere. Deve tornare a sapere chi è alzando il suo volto delicato ma dilaniato, antico ma sempre nuovo, da rinnovare e reinventare.
I solchi delle rughe del suo volto possono insegnarle la meraviglia del raccontarsi e riscoprirsi per essere e le sue ferite, le potrebbero far scoprire la bellezza di una carezza d’esistenza che possa curarle e far emergere da esse nuova luce. Sollevare il volto è un meccanismo che si attua soltanto scrutando bene dentro di sé, un “intimo sguardo” che possa poi trasformarsi in una azione rinnovata, un “fare per essere”.
2. Guardarsi intorno
Una volta che il volto è tornato a sollevarsi, abbandonando incurvature di immobilismo, indifferenza, egocentrismo e ricerca di interesse personale, guardando solamente e sempre al proprio “ombelico”, il secondo momento consiste nel “guardarsi intorno”.
Serve a ritrovarsi e reinventarsi nei tanti sguardi che costituiscono la politica e di cui essa deve ricordarsi di essere responsabile. Questo secondo momento è fondamentale per costruire quella “società dall’intimo sguardo” di cui parlava Aldo Capitini: da uno sguardo interiore ed insieme esteriore, personale e collettivo, si fonda una vera società ed una politica come azione coraggiosa, custode di esistenza e carezza impetuosa e delicata su altrettanti sguardi che rinnovano il volto della politica stessa.
Guardarsi intorno è accorgersi che è la comunità a far conoscere e attivare meglio le anime di ciascuno incastrate alle volte in logiche assurde.
3. Oltrepassare
Una società dall’intimo sguardo si fonda anche apprendendo ad andare oltre ciò che si vede, ciò che si sente e fa di questa dimensione ulteriore la modalità con cui rileggere la realtà in tutti i suoi ambiti. Oltrepassare per la politica significa utilizzare l’arma più potente a disposizione, il pensiero; significa uscire fuori dal “si è sempre detto-fatto così”, essere lungimiranti, essere rami di un albero esposti a pericoli ed intemperie e nel contempo, radici che stanno crescendo, puntando verso l’alto per creare qualcosa di nuovo.
Nella lungimiranza torna il potere dello sguardo, che fa nascere comunità e responsabilità, fa amare la complessità e fa praticare una giustizia come legge d’amore radicale e non come mera distribuzione di eguaglianza e diritti. Lo sguardo lungimirante mette in pratica il “tu sei” riconsegnandolo ad ogni individuo e alla politica stessa e alla sua missione originaria.

La politica attuale quindi come arte del saper guardare per rinnovarsi e riscoprirsi deve rendersi una “società dall’intimo sguardo”. Uno sguardo che si solleva dal proprio ombelico e dai suoi interessi scellerati che dimenticano il resto del mondo, per guardarsi intorno, incrociare altri occhi e rinascere nel loro riflesso, fino ad oltrepassare, a vivere “altrimenti”, per mezzo della loro luce che tornerà ad illuminare la propria.
Per molti la società dall’ intimo sguardo sarà utopia eppure, se solo tornassimo a sollevare i nostri volti allora ci accorgeremo che questa società esiste già, attende solo che gli esseri umani si risveglino dalla loro indifferenza e si ricordino di essere dotati di uno sguardo che si può rendere comunità, giustizia come amore e cura come carezza delicata e custode coraggioso d’esistenza.
Del resto, se intendiamo la politica come arte dello stato, quest’ultima parola ha in sé sia il significato di un’entità esterna da amministrare e far crescere, che, soprattutto, il senso di “stato d’animo” come quella maniera unica che ognuno ha di rispecchiare l’esterno nella propria interiorità. L’intimo sguardo nasce proprio dal collegare stato esteriore e stato interiore.
Lo stesso Socrate ci ha insegnato che la politica è l’arte del saper guardare. Se ci pensiamo bene, prima di interrogare chiunque gli capitasse accanto, egli lo scrutava, lo guardava in profondità, per risvegliare la sua anima.
La politica deve tornare a risvegliare la sua anima perché volto che viene scrutato in profondità per far riemergere la sua luce e, nel contempo, sguardo che è capace di guardare l’oltre e incarnarlo.
About The Author: Nausica Manzi
Sono laureata in Scienze filosofiche, ho un master in Consulenza filosofica ed antropologia esistenziale, ho una specializzazione in Tutela europea dei diritti umani; sono infatti consulente filosofico e mediatore civile.
Sono esperta di etica pubblica e di filosofia in azienda. Principalmente sono una scrittrice.
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