La verità nel mondo greco: aletheia e veritas a confronto

Il sostantivo verità deriva da quello latino veritas.
Con questo termine i Romani, ad esempio Cicerone traducevano il termine greco alètheia.
I due termini indicano lo stesso concetto?

verità e bugia

Alètheia

L’espressione usata dai Greci per indicare la verità ha per sua struttura semantica e lessicale un contenuto diverso rispetto all’espressione latina veritas.
Etimologicamente il prefisso alfa, con funzione privativa, precede la radice lath che significa dimenticare. Alètheia indica quindi qualcosa che non è più nascosto, che non è stato dimenticato.
In questo senso il termine può essere tradotto come verità intesa nel senso di rivelazione e di svelamento.
Dalla medesima radice etimologica deriva anche il nome del fiume Lete che nella mitologia greca è il fiume dell’oblio.
Parmenide parla di alètheia nel suo poema Sulla natura di cui abbiamo pochi frammenti:  l’ alètheia, la via della verità è insegnata al filosofo da Dike, dea della giustizia; questa via si contrappone ad un’altra via, quella delle false opinioni e dell’ignoranza.

La verità, oggetto della conoscenza filosofica è quindi ciò che si manifesta, che non rimane oscuro.

Il vero è per il greco qualcosa che non ha più in sé qualcos’altro, cioè la velatezza di cui si è liberato. Quindi verità non significa aderenza o conformità a qualcosa.
Per i Greci riferirsi al vero significa fare riferimento all’intero costituito dalla natura, dall’opera dell’uomo e dall’agire degli dei.
Il percorso da seguire per cercare il vero è farne esperienza nel suo nascondersi, nella sua velatezza per poi tentare di strapparla affinché si riveli.

Il velo di Maya

La traduzione della parola greca svelamento appare vicina, almeno in parte, alla filosofia indiana e alla teoria del Velo di Maya divenuta famosa grazie al filosofo Schopenhauer.
Il fenomeno materiale viene definito da Schopenhauer solo parvenza e illusione: tra noi e la realtà vera si frappone uno schermo che ce la presenta distorta e non come essa è veramente. Occorre lacerare dunque il velo di Maya per arrivare all’essenza ultima delle cose.

Heidegger e la riscoperta dell’ alètheia

Il filosofo tedesco Heidegger nel XX secolo, nell’opera Essere e tempo, riporta l’attenzione sul termine alètheia collegandolo alla nozione di rivelazione.
Riprende una testimonianza antichissima, attribuita ad Eraclito, che definisce l’ente come qualcosa che non si mostra.
“La natura ama nascondersi” e, afferma il filosofo, il compito dei sapienti è portare alla luce l’essere.
Quando si parla di natura non si deve intendere solo ciò che per noi oggi è oggetto della fisica, ma tutto l’ente, dalla storia dell’umanità all’accadere della natura, all’agire divino.
Questo detto di Eraclito è all’origine della ricerca della verità che caratterizza la filosofia occidentale.

Veritas e aletheia a confronto

Diverso dal concetto greco di alètheia è il concetto romano di veritas.
I romani denominavano con questo termine l’antica dea della verità figlia di Crono e sorella di Zeus che si pensava avesse la sua dimora nei pozzi.
Bevendo l’acqua i sapienti attendevano, durante la notte, di avere dalla dea i responsi dell’oracolo attraverso i sogni.
Lo storico della filosofia Francesco Adorno ha approfondito le differenze etimologiche tra i due termini.
La parola latina veritas proviene dalla zona balcanica e slava e significa fede nell’accezione più ampia della termine.
Nella lingua attuale la traccia di questo significato si può ritrovare nella parola véra, l’anello nuziale.
Il termine veritas rimanda a qualcosa da accettare in quanto conforme ad una realtà oggettiva non da svelare attraverso la conoscenza.
Un significato opposto quindi al termine alètheia: nel caso della veritas si tratta di dimostrare la conformità di un’asserzione alla realtà mentre per quanto riguarda l’alètheia la comprensione della realtà è insita nello stesso svelamento.

Sicuramente i due termini aprono la via ad altre domande e approfondimenti e ricordano quanto sia difficile affermare di possedere la verità in qualsiasi campo. Questo non significa rinunciare a cercarla anche con la consapevolezza che è qualcosa di dinamico e in continuo mutamento.

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